Malgrado l'appello per una tregua lanciato della presidente Dina Boluarte, migliaia di persone si sono riversate nella capitale peruviana
LIMA - Migliaia di persone hanno manifestato ieri in Perù nell'ambito della Marcia nazionale di protesta, indetta nella capitale Lima dalla Confederazione generale dei lavoratori del Perù (Cgtp), con l'adesione di movimenti universitari e di delegazioni di varie regioni meridionali peruviane.
Nonostante un estremo appello per una tregua rivolto in una conferenza stampa dalla presidente Dina Boluarte, i manifestanti si sono raccolti numerosi nella Plaza Dos de Mayo della capitale, marciando verso il centro della città.
Il corteo diretto a Plaza San Martin è stato affrontato da ingenti forze di polizia, e ha deciso di dividersi in numerosi gruppi minori. Questi si sono scontrati con gli agenti che utilizzavano gas lacrimogeni e proiettili non letali, lanciando pietre e oggetti di ogni genere, tra cui bottiglie di vernice rossa.
Non esiste ancora un bilancio ufficiale degli incidenti, protrattisi fino a sera inoltrata (l'alba in Svizzera), e i media peruviani si limitano a evocare «numerosi feriti e varie persone arrestate».
Non ha aiutato a calmare gli animi una frase di Boluarte che, offrendo una sua chiave di interpretazione delle tensioni, ha dichiarato che «Puno (regione abitata da popolazione originaria, e dove sono intensissime le proteste, ndr.) non è il Perù».
Nel capoluogo di questa regione sudorientale peruviana sulla sponda del lago Titicaca è stato inviato un contingente dell'esercito, mentre è stato esteso per altri dieci giorni il coprifuoco esistente.
Va detto infine che ieri non si è manifestato solo nella capitale per chiedere le dimissioni di Boluarte, lo scioglimento del parlamento e immediate elezioni generali, ma anche in molte altre località, come la stessa Puno, e pure Ica, Juliaca, Arequipa e Cusco.