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IRANI casi di avvelenamento sono più di mille. Condotti i primi arresti

07.03.23 - 21:06
Il leader supremo ha promesso che non ci sarà «alcuna pietà» per i colpevoli. Tuttavia non è chiaro quanti individui siano stati arrestati
Reuters
I casi di avvelenamento sono più di mille. Condotti i primi arresti
Il leader supremo ha promesso che non ci sarà «alcuna pietà» per i colpevoli. Tuttavia non è chiaro quanti individui siano stati arrestati

TEHERAN - Dopo mesi di denunce e di ricoveri, il governo iraniano ha annunciato di aver arrestato «alcune persone» in relazione alle centinaia di avvelenamenti avvenuti nelle scuole femminili di tutto il Paese. Gli arresti fanno seguito alle dure parole usate dal leader supremo Ayatollah Ali Khamenei che ha promesso che non ci sarà «alcuna pietà» per i colpevoli.

Non è chiaro quanti individui siano finiti in manette, né le loro identità, ma il ministro degli Affari interni Majid Mirahmadi ha precisato alla tv di Stato che gli arresti sono stati condotti in cinque diverse province del Paese.

Gli avvelenamenti - ultimo dato risalente a lunedì - hanno colpito in totale 1'104 studentesse. Sempre a inizio settimana sono stati riportati altri tre casi, verificatisi nelle province di Shandarman Masal, Qochan e Neishabur e che hanno toccato almeno 85 allieve e una docente. Attacchi sono avvenuti, da novembre a oggi, in quasi tutte le entità territoriali.

Ma secondo il ministro dell'Educazione, non tutte le vittime al momento dell'arrivo di ospedale presentavano problemi medici. Secondo Yousef Nouri il 95% di loro era in realtà preoccupato o spaventato. E, rivolgendosi ai genitori, ha chiesto di fare affidamento unicamente a giornali attendibili.

Sempre questa settimana, infatti, tre giornalisti sono stati interrogati dalla procura di Teheran per aver dubitato delle dichiarazioni ufficiali dei dipartimenti riguardo ai casi, affermando che non si tratterebbe unicamente di «un'isteria di massa». Altre tre persone, un accademico, un attore e il segretario generale del partito riformista Ittehad Mellat, sono indagate per aver diffuso «bugie».

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