Mentre il conflitto si fa sempre più rabbioso, all'interno degli istituti i bimbi stanno morendo di fame e di sete
KHARTUM - Muoiono a decine. Senza cibo. Senza protezione. Senza un abbraccio. Sono i bambini rimasti a Khartum, troppo piccoli per fuggire da una guerra che accade appena fuori dalla finestra. Nel giro di pochissime settimane, e più precisamente da metà aprile, gli orfanotrofi della capitale sudanese sono stati abbandonati a loro stessi. E questo si è tradotto in decine di piccoli, più di una sessantina, deceduti a causa della fame in almeno una struttura cittadina.
Già alcuni giorni fa, Reuters era riuscita a realizzare un reportage raggiungendo al telefono un dottore dell'istituto Mygoma, amministrato dallo Stato, dove a causa della mancanza di dipendenti, di accesso al cibo e di tagli alla corrente, i bimbi stavano morendo di malnutrizione e disidratazione, con sintomi quali febbre, infezioni di vario tipo e, quindi, sepsi.
Abeer Abdullah aveva affermato che almeno 50 bambini erano morti nelle ultime sei settimane. Tredici solo il 26 maggio. La maggior parte dei piccoli non aveva neppure un anno. «È veramente doloroso», continua il racconto di Abdullah. Vedere i piccoli che muoiono «è terrificante». Raggiunta anche la direttrice dell'istituto, Zeinab Jouda ha spiegato di star cercando un modo per portare i bambini fuori dalla città.
Ieri, poi, la triste conta è stata aggiornata. In 42 giorni di conflitto sono deceduti almeno 60 bambini. Ventisei hanno perso la vita solo nell'ultimo fine settimana. L'agenzia stampa Associated Press è riuscita ad accedere a dei video realizzati all'interno dell'istituto. In alcuni si vedono dei bambini gattonare a terra, in altri dei minuscoli corpi esanimi coperti da delle lenzuola.
Un volontario, contattato al telefono, racconta: «È una situazione catastrofica. Sapevamo che sarebbe successo». Poi, l'aiuto dall'esterno è infine arrivato. Dopo il weekend particolarmente difficile, un'associazione locale ha consegnato alla struttura del cibo e delle medicine.
Già prima che il conflitto scoppiasse, la struttura in questione aveva avuto problemi per accedere al cibo e all'acqua. Dopo che una cinquantina di bambini aveva perso la vita, l'esercito regolare era intervenuto per aiutare l'orfanotrofio.
Cessate il fuoco e negoziati - L'attuale conflitto che ha come principale teatro Khartum è scoppiato il 15 aprile. A contendersi il potere sulla città sono l'esercito regolare e le milizie paramilitari dell'Rsf. Al centro del conflitto ci sono due uomini: il primo è il capo delle truppe del Paese, Abdel-Fattah Burhan, il secondo è il comandante delle milizie, il generale Mohammed Hamdan Dagalo.
I due avevano inizialmente collaborato, prima nel 2019 per deporre il presidente Omar al-Bashir e poi nel 2021 in un colpo di Stato militare. Il problema, ora, è che fondendo i due apparati militari al fine di arrivare a un governo civile, uno dei due generali sarebbe finito subordinato all'altro. Ed è proprio da questo screzio che ha origine il conflitto.
L'Arabia Saudita era poi riuscita a imporsi come mediatrice al fine di raggiungere un accordo di pace tra i due. Tuttavia, proprio ieri, l'esercito sudanese ha sospeso la sua partecipazione ai colloqui in quanto, stando alle dichiarazioni di un funzionario, i paramilitari «violano costantemente la tregua».
Un conflitto che ha già ucciso 860 civili, tra cui 190 bambini. Ferito almeno 4mila persone e causato la fuga, all'interno e fuori dai confini di uno dei Paesi più poveri dell'Africa, di 1,6 milioni di individui. Due giorni fa un dato di Unicef indicava che 13,6 milioni di bambini hanno urgentemente bisogno di aiuto umanitario.