Liz Magill, presidente dell'Università della Pennsylvania, ha annunciato le dimissioni dopo la sua testimonianza al Congresso
PHILADELPHIA - La presidente dell'Università della Pennsylvania, Liz Magill, ha annunciato le dimissioni dopo la bufera per le risposte vaghe e ambigue durante la sua testimonianza al Congresso sull'antisemitismo nel suo campus sullo sfondo della guerra a Gaza.
È la prima testa a cadere sull'onda delle forti pressioni piovute anche sulle presidenti di Harvard e Mit dopo le loro altrettanto «disastrose» deposizioni alla Camera sullo stesso tema. Le precisazioni e le scuse del giorno successivo non sono bastate ad archiviare le condanne bipartisan, placare l'ira di Israele ed evitare la fuga di alcuni ricchi donatori.
Anche se non manca chi le sostiene invocando il loro sforzo, per quanto goffo, di difendere il primo emendamento sulla libertà di espressione: quello cui si appella anche Donald Trump per giustificare qualunque cosa dica, dai flirt con il suprematismo bianco agli insulti contro i messicani o all'istigazione all'assalto del Capitol.
Deputati chiedono dimissioni
L'uscita di Magill arriva dopo che un gruppo di 72 parlamentari repubblicani e di due democratici ha inviato una lettera ai board delle tre università per chiedere le dimissioni delle tre presidenti, definendo «l'esplosione dell'antisemitismo» nei campus universitari «un fallimento della leadership universitaria» e bollando la loro testimonianza come «ripugnante».
Oltre una decina di esponenti del partito democratico, inoltre, ha firmato un'altra lettera per chiedere che «rivedano e aggiornino le loro politiche scolastiche per proteggere gli studenti ebrei». Nei giorni scorsi la commissione educazione della Camera, a guida repubblicana, ha aperto un'indagine ed evocato la revoca o la restrizione dei fondi federali.
Persi 100 milioni di donazioni
Un ciclone scatenato dalle loro risposte evasive quando la deputata repubblicana Elise Stefanik ha chiesto se gli appelli al genocidio degli ebrei da parte degli studenti non siano una vessazione in base ai codici di condotta dei loro atenei. «Dipende dal contesto....se si passa dalle parole alle azioni», è stata in sintesi la replica di tutte e tre.
La presidente della UPenn Elizabeth Magill, che per questa vicenda ha già perso 100 milioni di borse di studio dal miliardario Ross Stevens, ha tentato di chiarire le sue parole e per qualche giorno è sopravvissuta a una riunione di emergenza del board ma oggi ha scelto di lasciare. Claudine Gay, presidente di Harvard, ha chiesto scusa in una intervista al giornale degli studenti, assicurando che inviti alla violenza contro gli ebrei «non hanno spazio» nel suo ateneo.
In nome della libertà di parola
Anche lei per ora resta al suo posto ma la sua correzione di tiro non ha impedito le dimissioni di David Wolfe, un rabbino membro del gruppo per l'antisemitismo a Harvard. Sally Kornbluth, alla guida del Mit, ha incassato invece il «sostegno pieno e incondizionato» del board per la sua «capacità di unire la nostra comunità... affrontando l'antisemitismo, l'islamofobia e altre forme di odio».
Gli attivisti delle libertà civili hanno spezzato una lancia a favore delle tre presidenti per quello che vedono come un loro tentativo, per quanto goffo, di difendere la libertà di parola evitando di essere coinvolti in una battaglia pubblica contro l'antisemitismo, anche caricando di significati sempre violenti slogan come 'intifada' o 'dal fiume al mare', legandoli al genocidio.