L'operazione militare su Rafah da parte di Israele è al contempo pressione su Hamas e (rinnovata) tragedia per oltre un milione di persone
RAFAH - Un'operazione militare «molto limitata». L'azione israeliana su Rafah in corso in queste ore, convulse e caotiche, avrebbe come obiettivo quello di fare pressione su Hamas, spingendo l'organizzazione verso l'approvazione di quell'accordo, a lungo rincorso, che consentirebbe prima di tutto un cessate il fuoco seguito dallo scambio di ostaggi e prigionieri. A riferirlo è la Cnn, citando una fonte informata.
La situazione - che, dopo giorni di stallo nei negoziati, sembrava destinata a crollare - ha avuto una svolta teorica nella serata di ieri, con l'annuncio che Hamas aveva finalmente accettato i termini dell'intesa. Anzi, una svolta apparente, che per qualche minuto ha illuso tutti; perlomeno fino a quando Israele non ha detto chiaramente che l'operazione sarebbe proseguita; arrivando - nella notte - alla "presa" del valico di Rafah, il cui versante palestinese è ora sotto il controllo delle Forze di difesa israeliane. L'operazione è in corso perché Hamas ha firmato una tregua in termini diversi da quelli proposti da Israele. Un documento con «lacune significative» che «non corrisponde» al dialogo avuto tra i negoziatori, ha dichiarato oggi il ministro del Gabinetto di guerra Benny Gantz.
Di riflesso, dopo che Israele ha preso il controllo sul lato palestinese, le autorità egiziane hanno fermato l'operatività anche sul loro lato; non senza condannare l'operazione israeliana: «Una pericolosa escalation». Nonché uno stop che ha portato, inevitabilmente, all'interruzione flusso di aiuti umanitari.
Il Jerusalem Post scrive oggi di decine, se non centinaia, di palestinesi, in fuga da Rafah, fermati al valico dall'esercito egiziano. Stando alle cifre, sono oltre un milione i cittadini palestinesi che in questi mesi di guerra hanno lasciato Gaza per spostarsi a Rafah. E di questi, circa 100mila avrebbero iniziato nelle ultime 48 ore a lasciare la città a sud della Striscia, dopo "l'ordine", tra annunci stampa e i lanci "a pioggia" di volantini, da parte dell'esercito israeliano. Ma dove possono scappare?
«Mi lascio tutta la vita alle spalle»
Una risposta, ascoltando le testimonianze raccolte a Rafah, non sembra esserci. «Me ne sto andando verso l'ignoto. Mi sento malissimo. E vorrei che alcune delle persone che hanno provocato tutto questo fossero qua a camminare con noi», ha raccontato ai microfoni della Cnn uno dei tantissimi palestinesi chiamati a rinunciare al proprio passato per muoversi verso la speranza di un futuro. «Mi sto portando dietro tutta la mia vita. La mia famiglia è separata in sette luoghi diversi. È la fine. Lascio 59 anni di vita alle spalle, tutti i miei ricordi, le foto dei miei figli, la proprietà della mia casa».
È la tragedia di un uomo, ma condivisa da centinaia di migliaia di persone. Perché tante sono le persone, le famiglie, che in queste ore, dopo aver raccolto tutto ciò che avevano, sono state costrette a prendere la medesima decisione. A documentarlo ci sono le foto, a decine, in cui si vedono carretti trainati, furgoncini, ricolmi di tutto, e gruppi di persone con sacchi e zaini, che lasciano Rafah, sperando di potersi lasciare alle spalle anche la paura.