I pubblici ministeri nutrono ancora dubbi sull'origine dei soldi
MILANO - Nessun versamento in contanti ma denaro investito in titoli, fondi e altro, e riconducibile alla madre. È la ricostruzione della difesa del Governatore della Lombardia Attilio Fontana, indagato per autoriciclaggio e falso in voluntary, che oggi ha depositato in Procura a Milano la documentazione bancaria a partire dal 1997 dei conti svizzeri anticipando la rogatoria di fine marzo.
Per i legali di Fontana ciò dimostra che i circa 2,5 milioni di euro su cui gli inquirenti hanno sospetti, provengono da un sottoconto sempre della madre, morta nel 2015. Da quanto si è saputo, i pubblici ministeri nutrono però ancora dubbi sull'origine dei soldi.
Come era stato già ricostruito, nel '97 la madre di Fontana aveva aperto un primo conto in Svizzera in cui erano custoditi circa tre milioni. Rapporto bancario che in seguito venne chiuso coi soldi spostati su un altro aperto nel 2005 nella stessa banca, la UBS di Lugano, schermato da dei trust e con 'in pancia', però, pure 2,5 milioni. Questi soldi in particolare sono ritenuti dagli inquirenti frutto di un'evasione fiscale da parte del Governatore, prescritta ma che ha portato all'iscrizione per autoriciclaggio per gli investimenti successivi su quel capitale. Oltre che a quella di falso nella 'voluntary disclosure' del 2015, con cui Fontana, allora sindaco di Varese, regolarizzò i 5,3 milioni totali, dichiarando che derivavano dal lascito ereditario della madre.
Ora i difensori del governatore, gli avvocati Jacopo Pensa e Federico Papa, col deposito di documenti e soprattutto di estratti conto, a partire dal '97 in poi, puntano a dimostrare che quei 2,5 milioni 'comparsi' sul conto del 2005 provenivano in realtà da un 'sottoconto', di cui lo stesso Fontana non conosceva l'esistenza e sempre intestato all'anziana donna. Nessun versamento sospetto, quindi, per la difesa, e men che meno 'cash', ma tutto denaro investito in vari strumenti finanziari. Ci furono, a detta della difesa, solo movimentazioni tra conti della madre del presidente lombardo.
A quanto si è saputo, tuttavia, quelle carte, secondo gli inquirenti, dimostrano sì che quei 2,5 milioni di euro provengono da un conto di un'altra banca svizzera, ma comunque nulla si sa sull'origine di quei soldi e di come siano arrivati sul 'sottoconto'. E lo stesso vale per il conto 'originario' da cui sarebbero arrivati gli oltre tre milioni di euro depositati sul rapporto bancario del '97. Anche in quel caso, per i pm, manca una 'pezza d'appoggio' sull'origine di quel denaro.
È possibile, quindi, che nell'inchiesta dell'aggiunto Maurizio Romanelli e dei pm Paolo Filippini, Luigi Furno e Carlo Scalas - filone scaturito dal 'caso camici' - gli inquirenti decidano di allargare la rogatoria già avviata anche ai documenti relativi a quei conti che avrebbero originato le 'provviste'.