La pericolosa escalation tra Israele e Libano minaccia di incendiare una regione in cui guerre e conflitti non mancano: facciamo il punto
GERUSALEMME - Una guerra che nessuno vuole. L'ennesima - per il momento solo in potenza - che potrebbe innescarsi nello scenario mediorientale e che viene etichettata in questi termini. Da una parte Israele, dall'altra gli Hezbollah libanesi; co-protagonisti di un incendiare le polveri che sta tenendo banco da quasi dieci mesi. Per la precisione dall'8 ottobre dell'anno scorso, il giorno dopo l'operazione "alluvione Al-Aqsa", ossia il massacro compiuto da Hamas in terra israeliana.
Quel momento, come abbiamo già scritto, ha riacceso tensioni che - dopo l'escalation degli ultimi giorni - hanno ridestato nella popolazione libanese timori sopiti dal lontano 2006. E l'eventualità di una guerra aperta, sempre più probabile, andrebbe ad accendere un nuovo fuoco in un quadro geopoliticamente intricato e già riccamente costellato di guerre e conflitti - guerreggiati sul campo o meno - anche di lunga data.
Prima e dopo il "momento zero"
Fissiamo al 7 ottobre scorso il "momento zero" del contesto attuale. Da quel giorno, si sono aperti quattro "fronti" distinti, e in tutti è incluso Israele. In primis c'è quello - più esposto mediaticamente sul piano della politica internazionale - che lo vede coinvolto contro Hamas e che viene combattuto nella Striscia di Gaza. E sono i riverberi di questo scontro che hanno riacceso tutti gli altri. A partire da quello contro il Partito di Dio libanese che - dopo le schermaglie a ridosso della linea blu dei mesi precedenti - ha ribadito la propria solidarietà con Hamas iniziando a lanciare, l'8 ottobre 2023, missili e colpi d'artiglieria sulla regione delle Fattorie di Sheb'a.
Nello stesso periodo si è aperta anche la cosiddetta "crisi del Mar Rosso", in particolare in corrispondenza dello stretto di Bab el-Mandeb e del Golfo di Aden. Il 19 ottobre 2023 le milizie Houthi, dallo Yemen, hanno iniziato a sequestrare o, molto più spesso, prendere di mira con colpi d'artiglieria navi e mercantili che transitavano in quelle acque. È una situazione che perdura tutt’oggi e che ha numerosi addentellati in quel mosaico di conflitti: si va dalla lunga crisi dello Yemen, innescata dalla rivoluzione del 2011, fino alle "perenni" guerre proxy che vedono l'Iran incrociare le armi - a parole o, per l'appunto, per procura - prima con Israele, poi con gli Stati Uniti e infine anche con l'Arabia Saudita.
Tra Gerusalemme e Teheran c'è stato anche un momento di pericolosissima escalation, durato diverse settimane, lo scorso aprile, a seguito del bombardamento aereo che ha distrutto il consolato iraniano a Damasco, uccidendo tra gli altri alcuni alti ufficiali del corpo delle Guardie rivoluzionarie della Repubblica Islamica. Una parentesi di alta tensione, fortunatamente riassorbita, che aveva fatto ventilare timori da terza guerra mondiale. Avendo nominato Damasco, non si può non parlare di quell'assoluto disastro umanitario che è la guerra civile in Siria, che va avanti ormai da oltre 13 anni. E infine, in questa ragnatela di ostilità, troviamo le tensioni interne all'Iraq, che oppongono il governo locale allo Stato Islamico, e il mai risolto conflitto curdo in Turchia.