Israele viaggia in una direzione opposta a quella di una tregua. Eppure gli Stati Uniti continuano a garantire il proprio scudo militare
Joe Biden continua a garantire il suo scudo militare a Israele anche contro l'Iran ma è sempre più umiliato e irritato da Benyamin Netanyahu, che affonda ripetutamente i suoi sforzi per una tregua approfittando della sua debolezza di 'lame duck' a fine mandato e dell'ultimo mese di campagna elettorale americana. Sperando magari che rivinca il suo amico Donald Trump o di incassare tutto il possibile prima che venga eletta Kamala Harris.
Ogni volta che la Casa Bianca chiede una soluzione negoziata o un cessate il fuoco, prima a Gaza e poi in Libano, Bibi sfida apertamente il leader Usa rafforzando e allargando la sua offensiva, quasi sempre senza consultarsi o avvisare in anticipo l'alleato americano: dall'uccisione del leader di Hamas Ismail Haniyeh a Teheran a quella del capo di Hezbollah Hassan Nasrallah a Beirut, decisa mentre il commander in chief lanciava con Parigi una proposta di tregua di 21 giorni in Libano.
Superata anche l'ultima apparente linea rossa, un'invasione di terra in questo Paese. Tanto da indurre il dipartimento di stato Usa a preannunciare la mossa israeliana nel tentativo di circoscriverne la portata, suscitando l'irritazione di Israele per la "fuga di notizie" che ha messo in pericolo le sue truppe.
«Ciò è stato fatto nonostante gli Stati Uniti sostengano l'operazione. Per noi tuttavia è chiaro che sono preoccupati e quindi hanno reso pubblica l'operazione per cercare di limitarla», ha dichiarato un alto dirigente israeliano coperto da anonimato alla tv pubblica Kan del suo Paese. Uno sgambetto tra alleati che la dice lunga sullo stato dei loro rapporti.
Il presidente vede allontanarsi sempre di più la speranza di una de-escalation, ora che l'Iran ha deciso di attaccare. «L'amministrazione Biden è rimasta in gran parte spettatrice degli eventi, fornendo a Israele i mezzi militari per condurre queste operazioni ma è stata ripetutamente colta di sorpresa dalle sue azioni», spiega Brian Katulis, senior fellow del Middle East Institute per la politica estera Usa.
Il presidente del resto non ha mai usato la leva della sospensione delle forniture militari a Israele, tranne una volta in maggio. Ma ora è troppo tardi e inopportuno nell'ultimo mese di campagna elettorale, dove non può che continuare a ribadire il diritto dell'alleato a difendersi, garantendogli protezione come ha fatto stasera e minacciando Teheran di gravi conseguenze, mentre i suoi ripetuti appelli alla tregua cadono nel vuoto.
Così il Pentagono ha rafforzato la postura in Medio Oriente con due portaerei, caccia F-22, F-15E, F-16, A-10 e alcune migliaia di soldati, mettendo in allerta tutte le forze della regione. Ma mentre Biden convoca il consiglio per la sicurezza nazionale con la sua vice per affrontare la minaccia dell'attacco di Teheran e dalla Situation Room ordina all'esercito Usa di abbattere i missili iraniani, Trump ha gioco facile nell'attaccare entrambi.
«Il mondo - afferma il tycoon - è in fiamme e sta andando fuori controllo. Non abbiamo una leadership, nessuno che gestisca il Paese. Abbiamo un presidente inesistente, Biden, e una vicepresidente completamente assente, Kamala Harris, che è troppo impegnata a raccogliere fondi a San Francisco... e a organizzare finte foto opportunity. Nessuno è al comando e non è nemmeno chiaro chi sia più confuso: Biden o Kamala».