Lo ha affermato Paul Polman, ex ceo di Unilever, intervenuto alla Franklin University. «Gli sforzi individuali non sono più sufficienti»
SORENGO - «Per risolvere i problemi del clima, basterebbe investire neanche il 6% del PIL mondiale di un anno, perciò serve riunire e far dialogare i grandi, e in fretta»: così Paul Polman, 63 anni, di cui oltre dieci trascorsi alla guida di Unilever, ha esordito di fronte al pubblico riunitosi il 30 agosto alla Franklin University Switzerland, per una masterclass sul rapporto tra etica e affari.
Questo è il primo intervento pubblico dell'ex CEO olandese dopo il G7 di Biarritz. Dimessosi lo scorso gennaio dal vertice della multinazionale anglo-olandese, che ha lasciato con oltre 10 miliardi di euro di utile netto nel 2018, più di 400 brand competitivi sul mercato e una sostenibilità aziendale praticamente raddoppiata, Polman ha infatti deciso di fondare le organizzazioni "Imagine" e "Valuable 500", impiegando a scopo sociale tutta l'esperienza sviluppata durante la sua carriera.
L'obiettivo? Fornire soluzioni concrete ai politici, facilitare il dialogo tra le ONG - spesso troppo focalizzate su singoli temi - e creare un team di «amministratori delegati eroici» disposti a guidare la trasformazione del nostro stile di produzione e di consumo e a correre perfino rischi personali, pur di perseguire un fine più alto, come quello del destino del nostro Pianeta.
Il primo passo in tal senso è stato proporre un meeting tra i vertici delle aziende della moda, perché il lavaggio industriale e casalingo della microfibra, da solo, produce il 46% della plastica presente negli oceani: «Basterà riunirne il 20-30%, per creare un "effetto cascata" in tutto il settore».
Polman si dice ottimista, rispetto agli esiti della sua iniziativa, ma prende le mosse da una triste constatazione: i nostri sforzi individuali per ridurre gli sprechi, da soli, non bastano più; le soluzioni sono a portata di mano, ma soltanto se i "grandi" si mobilitano. «La domanda da porre loro, che siano a capo di Stati o aziende - ha poi aggiunto - è una e una sola: "volete davvero combattere il riscaldamento globale?" E una risposta, anche negativa, va pretesa e resa pubblica. Perché, se a qualcuno di loro non importasse di commettere il crimine più grande della storia dell'umanità, elettori e consumatori devono saperlo. Cosa fare con loro, a quel punto? Ignorarli, perché non bisogna distogliersi dall'obiettivo e perdere altro tempo prezioso».
Presso il Nielsen Auditorium dell'Ateneo americano per studenti residenti nella Svizzera Italiana, scelto perché ha da poco lanciato un programma di studi in "Responsible Management e Climate Change", Paul Polman ha poi sottolineato la centralità della formazione scolastica e universitaria nel cambiamento di sistema che auspica: «ogni volta che giovani ben informati e consapevoli si recano compatti alle urne, la politica non può far altro che ascoltare e creare le condizioni per trasformare il corso delle cose».
All'ex CEO di Unilever, durante l'evento, si sono uniti o alternati la moglie Kim Polman, co-autrice, con Al Gore e Mohammad Yunus, del libro "Imaginal Cells: Visions of Transformation" e co-fondatrice di “Reboot the Future”, Gilbert Ghostine (CEO della svizzera Firmenich, azienda in prima linea per lo sviluppo tecnologico a scopo sociale con la fondazione Bill & Melinda Gates), Pio Wennubst di SDC, membri del Global Compact dell’ONU, dell’Istituto delle Nazioni Unite per la formazione e la ricerca (UNITAR), di Global Development, Impact Hub Zürich e infine Jenny Assi di SUPSI, che ha relazionato sul buono stato della sinergia tra pubblico e privato, avviata nel 2016, per la diffusione di pratiche di CSR tra le imprese del Canton Ticino.