Il balzo è andato ben oltre le previsioni degli analisti, facendosi sentire sulle piazze finanziarie mondiali
NEW YORK - La galoppata dell'inflazione americana, schizzata ai massimi da 40 anni, e la stretta sui tassi annunciata dalla Banca centrale europea (Bce) affondano le Borse. Un venerdì nero per le piazze finanziarie mondiali.
Quelle europee chiudono in profondo rosso bruciando 265 miliardi di dollari, con Milano, la peggiore, che perde il 5,17% e vede andare in fumo 39 miliardi, mentre Zurigo contiene la perdita al -2,10%, facendo meglio di Francoforte e Parigi. Non va meglio a Wall Street, dove i listini accusano perdite fra il 2 e il 3% con la corsa dei prezzi che aumenta le chance di una Federal Reserve ancora più aggressiva.
Inflazione ben oltre le attese
Il balzo dell'inflazione negli Stati Uniti all'8,6% in maggio, ben oltre le attese degli analisti, apre infatti la strada a strette decise da parte della banca centrale americana. Un ritocco da mezzo punto percentuale è dato ormai per scontato alla riunione della prossima settimana, e l'attenzione degli analisti e degli investitori è tutta concentrata sugli appuntamenti successivi. Le chance di un rialzo dei tassi da 75 punti base in luglio aumentano, così come quelle di un altro rialzo da mezzo punto a settembre.
Un ciclo di strette aggressivo che spaventa Wall Street, sempre più preoccupata da una possibile recessione. Trema anche la Casa Bianca di Joe Biden che sul caro-vita rischia di perdere le elezioni di metà mandato di novembre. «Faremo il possibile per far calare i prezzi», assicura il presidente americano, notando come «l'inflazione non sta calando rapidamente».
Doccia fredda anche per l'Europa
La volata dell'inflazione negli Stati Uniti e l'attesa di una Fed "falco" sono una doccia fredda anche per le piazze finanziarie europee, già innervosite dal repentino cambio di rotta della Bce. Dopo anni di politica monetaria accomodante Christine Lagarde ha abbandonato i toni da "colomba" annunciando l'addio dopo sette anni agli acquisti di debito pubblico da parte della Bce e un primo rialzo dei tassi a luglio da un quarto di punto, cui ne seguirà un altro già a settembre probabilmente da mezzo punto.
Chi si attendeva che la svolta fosse accompagnata da uno "scudo anti-spread" è rimasto deluso: Francoforte si è impegnata solo a parole, senza darsi una soglia di intervento. E proprio la mancanza di questo paracadute a sostegno dei titoli di stato dei paesi periferici innesca una fuga degli investitori dagli stati europei più indebitati, causando un'impennata dei loro costi di finanziamento. A farne le spese è stata per esempio l'Italia: lo spread fra Btp e Bund- cioè il differenziale di rendimento fra i titoli di stato italiani e i corrispondenti valori tedeschi - è arrivato fino a 225 punti, ovvero a un livello che non si vedeva dal febbraio del 2014 e superiore all'impennata vista nel 2018.
Al nuovo scossone sui mercati globali guardano con preoccupazione gli analisti, agitati dalla strette repentine, aggressive e in contemporanea delle principali banche centrali. E soprattutto alle loro conseguenze su un'economia mondiale che non ha ancora recuperato in pieno dalla crisi della pandemia e si ritrova già alle prese con la paura di una recessione, o ancora peggio di una stagflazione.