Secondo Romeo Lacher, oggi presidente del cda di Julius Bär, i movimenti potrebbero interessare ora gli investimenti a lungo termine
ZURIGO - Credit Suisse (CS) potrebbe essere confrontata con una seconda grande ondata di deflussi: dopo il rapido ritiro dei depositi di clienti, principalmente liquidi, l'attenzione potrebbe ora concentrarsi sugli investimenti a lungo termine, afferma Romeo Lacher, oggi presidente del consiglio di amministrazione di Julius Bär, ma per lungo tempo (1990-2017) attivo presso CS.
«La parte più grande e più importante del volume d'affari con i clienti individuali è costituita dai portafogli titoli e dai prestiti», spiega in un'intervista al portale Finews il dirigente della banca zurighese specializzata nell'amministrazione patrimoniale presente anche sulla piazza di Lugano. «Ora si tratta di vedere se anche questa parte del leone inizierà a muoversi».
Interrogato riguardo a quanto Julius Bär abbia beneficiato del fuggi-fuggi da CS, il 62enne ha detto che la sua società, negli ultimi mesi, ha registrato «alcuni afflussi»: ma questi non provenivano da una sola direzione, né erano sproporzionati.
«In Svizzera sappiamo che in una situazione del genere gli istituti con garanzia statale sono i primi a essere presi in considerazione. A differenza della corsa agli sportelli della Spar- und Leihkasse Thun di oltre 30 anni fa, oggi i clienti non si riuniscono più davanti a una succursale bancaria: il denaro viene spesso prelevato online premendo un pulsante. Questo avviene in pochi secondi ed è la parte a breve termine dello sviluppo».
Secondo Lacher c'è poi la seconda parte, quella appunto dei portafogli titoli e dei crediti: finora in questo campo si sono visti pochi spostamenti. «I consulenti valutano se lasciare la banca per passare alla concorrenza. Non appena saranno pronti per il trasferimento, cercheranno di portare con sé i clienti. Ciò richiede un altro processo decisionale da parte del cliente; un cambio di istituto è diventato anche più lungo nella sua attuazione. L'accoglimento completo di clienti molto facoltosi in una nuova sede può facilmente richiedere mesi». Una seconda ondata è quindi «possibile, e comincerebbe solo adesso».
Julius Bär si è intanto data obiettivi ambiziosi: punta a patrimoni amministrati per 1000 miliardi di franchi entro il 2030, in pratica raddoppiano i livelli attuali. «La grandezza non è di per sé né buona né cattiva», afferma il manager. «Le dimensioni di Julius Bär sono associate a un profilo di rischio diverso da quello di UBS. Abbiamo un modello di business semplice, ci occupiamo solo di gestione patrimoniale, non abbiamo attività di investment banking, né di asset management, né di retail o commerciale».
«Anche nella discussione politica bisogna fare attenzione a non accomunare tutte le banche», mette in guardia l'economista con studi all'università di San Hallo e Harvard. «A me personalmente dà fastidio: si parla sempre di 'banche', ma ciò che si intende è un'unica grande banca», conclude.