La serie-fenomeno spagnola di Netflix alza l'asticella degli eccessi ma sembra aver perso un po' del suo smalto
MADRID - Partito un po' come il “nipotino” della hit spagnola “La Casa di Carta” ma cresciuto stagione dopo stagione diventando un fenomeno per conto suo – soprattutto fra i più giovani – forse anche più pervasivo.
La serie di Netflix “Elite” è tornata da qualche giorno con la sua quarta stagione e ha scalzato dalla prima posizione nientemeno che l'imbattibile “Lupin” di Omar Sy. Per chi non sapesse di che stiamo parlando, si tratta di un drama adolescenziale ambientato in una fittizia superscuola madrilena nei quali corridoi ne succedono davvero di tutti i colori.
Volutamente sopra le righe, con più di un richiamo ai licei incredibili dei manga giapponesi, coniuga una sensibilità tutta spagnola a un modo di raccontare l'high school tipico della televisione americana.
Il risultato è un carrozzone estremamente cafone ma godibile, con personaggi carismatici e anche diversi spunti molto coraggiosi (c'è una storia gay fra le meglio raccontate di sempre e anche diverse tematiche delicate che risuonano con la generazione z).
Dopo il climax della stagione 3, la scelta di ritornare fra i banchi di Las Encinas, poteva anche far storcere il naso: il cerchio si era chiuso, molti personaggi si erano diplomati, altri sembravano proprio non aver più nulla da dire. Per questo quarto giro il pretesto arriva, come capita anche nei fumetti giapponesi di cui sopra, dall'arrivo di un nuovo spietato preside e la sua incasinatissima prole.
I “sopravvissuti” (in tutti i sensi) del cast originale vedranno le loro certezze sgretolarsi e sì, anche questa volta ci sarà un misterioso delitto. Insomma, normale amministrazione. Per questo, forse per tentare di rinfrescare, “Elite” alza ancora i toni diventando più tamarro (outfit e sciccherie da Rich Kids a iosa), più caciarone (musiche, neon e lucine ovunque) e più infoiato (c'è effettivamente un sacco di sesso).
E se su tutto ciò vale sempre la regole del de gustibus, meno convincente è invece la gestione delle linee narrative: frammentarie e spesso scollate, se non poco interessanti e fini a sé stesse. Insomma, sembra un po' che a questa tornata lo smalto si sia screpolato, tempo di calare il sipario?