Il popolare comico è tornato a far divertire il pubblico ticinese con "Se la va la gh'ha i röd"
ASCONA - «Ci tengo a precisare una cosa: c'è in giro, da quando abbiamo incominciato nel 2016, una leggenda metropolitana che vuole che ogni nostro spettacolo sia tutto esaurito. È una cosa che deve finire. La prima tournée sì, cinque anni fa, è andata a suon di tutto esaurito. Ma dalla volta dopo le cose erano già cambiate. Quindi, signori e signore, i posti ci sono sempre: non abbiate paura di venire a teatro, non fatevi influenzare da pubblicità ingannevoli».
Una precisazione non banale, quella fatta da Flavio Sala - impegnato in queste settimane con le repliche di "Se la va la gh'ha i röd", l'ultimo spettacolo portato in scena dalla Compagnia Teatrale Flavio Sala. Una etichetta di artista da "sold out" che fa piacere, certo, ma che crea anche dei problemi: «La gente pensa: "Ah ma il Sala sarà pieno", invece noi ci siamo trovati a fare degli spettacoli (ricordo una volta a Sobrio) con la sala mezza vuota. Proprio perché le persone si basano su questo presupposto sbagliato».
Il ritorno in scena - La Compagnia il prossimo week-end sarà al Teatro del Gatto di Ascona, poi ci saranno Faido (il 13 e 14 novembre nella palestra delle scuole comunali) e Riazzino (il 27 e 28 novembre al centro scolastico di Lavertezzo Piano). Lo scorso fine settimana, invece, il popolare comico era al Teatro Sociale di Bellinzona. «È sempre stata una piazza molto generosa con noi, anche adesso dopo il Covid e tutti i cambiamenti che ci sono stati».
Già, tutti i cambiamenti che chi vive di spettacolo, di teatro, di cultura ha dovuto subire e accettare a causa della pandemia. «Sono quasi due anni che spostiamo queste date e proviamo a riproporle. Adesso abbiamo voluto (e dovuto) concentrare tutta la nostra tournée in modo da farla prima di Natale, almeno per le date principali - nei posti dove andiamo solitamente. Anche al Gatto siamo sempre stati accolti molto, molto bene».
Lo spettacolo e la compagnia - "Se la va la gh'ha i röd", ci conferma, «fisicamente è faticosissima, quando finisce sono disintegrato». Ma la soddisfazione di portare in scena un proprio soggetto (trasformato in commedia da Gionas Calderari) è senz'altro enorme. «Questa compagnia teatrale dimostra che non sono solo il Bussenghi - con tutto l'affetto che provo per quel personaggio. Mi piace tantissimo poter lavorare con Leonia Rezzonico, Orio Valsangiacomo e Mileti Udabotti - che è andata a sostituire Sandra Zanchi che quest'anno ha compiuto 99 anni e ha rinunciato solo perché aveva paura delle repliche e doveva seguire la sua compagnia teatrale a Comano».
In scena c'è un mix tra esperienza e novità. «Per Rosy Nervi, che aveva iniziato facendo la scuola di teatro in Italia, essere tornata sul palcoscenico è una grande soddisfazione. Il pubblico la ama, non si potrebbe fare a meno di lei nella compagnia e l'idea di farla parlare in dialetto di Biasca piace tantissimo alla gente. Anche se sembra ceceno (ride, ndr). Quando la parola è troppo uzbeka viene sempre tradotta o presa in giro dagli altri del gruppo, che anche loro non capiscono...». Ci sono poi tutti gli altri, provenienti da filodrammatiche, compagnie universitarie o ancora dal Cisa. Flavio tiene a precisare un concetto: «Non è una compagnia del tipo "Ah c'è il Flavio Sala e tutti gli altri gli girano intorno", che potrebbe succedere. Sono tutte commedie corali: ogni parte ha la sua importanza. Ognuno dà il suo contributo e sono tutti bravi».
Le difficoltà (specialmente economiche) della pandemia - «Abbiamo riprovato l'emozione di quanto sia bello salire su un palcoscenico» spiega ancora Sala. Un ritorno alla normalità, dopo tutti questi mesi travagliati. «Abbiamo avuto tutti i problemi che hanno sperimentato le altre compagnie, gli altri attori». Il dispiacere di rimanere fermi, il non poter praticare il mestiere che si ama. Ma anche una sfida dal punto di vista economico. «Non abbiamo ricevuto praticamente nessun sussidio, in questi due anni, ma noi abbiamo continuato a pagare. Inoltre abbiamo avuto tutte le spese di preparazione dello spettacolo - scenografia, costumi, eccetera eccetera. Nel momento in cui saremmo dovuti ripartire per recuperare quello che avevamo speso, non lo abbiamo potuto fare. Quindi abbiamo passato due anni a pagare i vari contributi... Diciamo che siamo arrivati a zero, come budget della compagnia. Adesso dobbiamo recuperare».
Un'altra leggenda, aggiunge Sala, è che la sua compagnia sia sussidiata dalla Rsi. «Non è assolutamente così: è mia, personale, creata per riempire un buco che si era andato creando con le varie compagnie dialettali che si stavano esaurendo e che è andata a riprendere gli attori professionisti, di quelli che vedevamo noi da piccoli in televisione mischiati a quelli nuovi». Una formula vincente, dicono i fatti: «Il mix ha funzionato molto bene, stando ai risultati che si vedono sul palcoscenico». Ma con una differenza fondamentale rispetto alle compagnie filodrammatiche: «I membri sono tutti stipendiati e quindi è una macchina che si deve muovere e deve essere ben oliata. Altrimenti s'inceppa e tanti saluti e baci».
Il bisogno di ridere - Le difficoltà di chi vive di teatro sono state evidenti, ma non dimentichiamoci di coloro che hanno bisogno del teatro per vivere. Quest'anno, spiega Flavio, gli spettatori sono diversi rispetto a quelli che si erano ripresentati nelle sale nel 2020, nella pausa tra l'ondata primaverile e quella autunnale. «Allora sembrava che ridessero a denti stretti, che avessero quasi paura. Ho fatto pochi spettacoli, giusto un paio incentrati sul Bussenghi e anche mia mamma che era tra il pubblico ha confermato: "Non è che non ridono, ma è come se tutti fossero sotto choc"».
Flavio pensa che la risata sia «un potentissimo rilassante, che rilascia endorfine e ti fa star bene. La cosa più commovente è ricevere messaggi su Instagram o Messenger del tipo: "Ci avete fatto passare due ore di spensieratezza e dimenticare tutti i nostri problemi, ci avete fatto uscire più leggeri"». Oggi il bisogno di ridere è viscerale. «Venerdì a Bellinzona sembravano degli indemoniati». Sala se lo spiega così: «Forse tutti sono talmente stufi che ci chiedono di farli divertire e non farli pensare al virus». Scomparsa la "ruggine", il pubblico si è finalmente sfogato. «Ecco, sentire queste risate debordanti, la gente entusiasta che ci dice che è uno spettacolo bellissimo e superiore ai precedenti - e si ha sempre paura quando si fa il seguito del Garage Pistoni, con gli stessi protagonisti della commedia precedente - ti ripaga di tante cose».