La seconda stagione punta su Kit Harington come richiamo principale, ma non è l'unica star della tv a far parte del cast
LONDRA - Tra le serie tv messe a disposizione da Netflix nelle ultime settimane merita un'attenzione particolare la seconda stagione di “Criminal: Regno Unito”.
Com'è noto, è ambientata in una location comune per le quattro produzioni chiamate in causa (oltre a quella britannica ci sono Germania, Francia e Spagna): un commissariato di polizia piuttosto claustrofobico, del quale sappiamo che è a un piano piuttosto elevato di un palazzo di una città e di cui vediamo due corridoi, la sala per gli interrogatori e quella dove i detective assistono e prendono nota delle dichiarazioni della persona sotto torchio.
La particolarità di “Criminal” (come ben sa chi ha visto la serie) sta nella sua struttura narrativa: una partita a scacchi tra gli investigatori e l’accusato (talvolta assistito da un legale). Non c’è certezza che il presunto colpevole lo sia davvero, colpevole. I poliziotti, al contempo, si muovono in bilico tra la ricerca della verità a tutti i costi e i vincoli etici e morali derivanti dalla loro posizione.
Per questa seconda stagione sono stati creati quattro episodi, contro i tre della precedente. Se nella prima il nome di richiamo era quello di David Tennant (magistrale nella sua interpretazione), ora si punta tutto sull’appeal di Kit Harington, alla sua prima prova dopo la fine de “Il trono di spade”. Ma non si tratta della sola superstar della tv che troviamo nello show, che appare consolidato nei meccanismi narrativi rispetto al debutto e che sa tenere alta la tensione nonostante i personaggi siano seduti per il 90% del tempo. “Criminal”, infatti, è una guerra psicologica tra le parti in causa e si fonda tutto su sguardi, parole e silenzi.