Il britannico “The One” di Netflix esplora il lato oscuro dei servizi di dating ma non convince fino in fondo
LONDRA - Forse un filo meno "hot" in questo paio d'anni di pandemia, in cui si preferisce frequentare una cerchia ristretta e fidata, le app di dating sono uno dei capisaldi della vita da single dei 20-30enni di tutto il mondo.
Considerando anche il tema, interessante e conturbante, della tecnologia che ci aiuta a trovare l'amore non è un caso che - negli anni - siano diverse le serie che hanno voluto raccontare e romanzare mondi ipotetici a riguardo. Dal britannico, e distopico, “Black Mirror” passando per il francese “Osmosis” fino a questo “La coppia quasi perfetta” (”The One”, in versione originale) da poco su Netflix, e in vetta fra i più visti.
Tratto dall'omonimo romanzo racconta le vicissitudini di un servizio che promette il match perfetto, utilizzando non gli algoritmi - o meglio non solo - ma la genetica. Insomma, il nostro partner di una vita, ce lo abbiamo già scritto nel sangue al momento di nascere. Un punto di partenza - fatalista e determinista - molto interessante e di sicuro appeal.
Sui vari protagonisti della vicenda, sfaccettata e che segue diverse coppie (“matchate” e non) in filoni narrativi che si intersecano e si scontrano, spicca la creatrice del sistema di accoppiamento Rebecca imprenditrice dal cipiglio algido e dal guardaroba futuristico.
Un po' Zuckerberg, un po' Jobs, inseguita dai demoni del suo passato e pure da quelli del presente. E proprio da lei, secondo noi, iniziano i problemi della produzione britannica ambientata in una Londra urbana decisamente da incorniciare.
Inutile girarci attorno, Rebecca è una cattiva, una sociopatica di quelle che di questi tempi nelle serie vanno forte. È difficile però empatizzare con le sue decisioni e capire cosa la muove, è un personaggio che non ha un'evoluzione e fatica a coinvolgere lo spettatore. Si comporta meglio l'incasinatissima sua antagonista, la poliziotta Kate, anche lei alle prese con un "match" che si rivelerà ben più complicato del previsto.
Malgrado ciò, e malgrado evidenti problemi di ritmo a ridosso della metà della stagione, è innegabile “The One” si lasci guardare, anche solo per vedere come andrà a finire.
Quello che però alla fine davvero manca, al di là delle vicende, è un messaggio o un qualche tipo di presa di posizione sui servizi di dating, sull'amore, su questa nostra era. Ed è un gran peccato.