Il celebre compositore presenterà la sua opera “Estasi” al pubblico di Locarno
Oltre alla condanna della guerra, un biasimo ai giovani: «Sembra quasi che la bellezza dell'aspetto finisca per essere più importante del contenuto musicale»
LOCARNO - L’ansia, l’inquietudine, il tormento, contrapposti ai sorrisi e alle libertà ritrovate.
Sono diverse le emozioni e le sensazioni che intende provocare in noi il noto pianista e compositore Giovanni Allevi, che l’8 maggio tornerà in Ticino, più precisamente al Teatro Kursaal di Locarno, per far raggiungere al pubblico l’esperienza meravigliosa dell’”Estasi”, con il tocco del suo pianoforte.
Tra Covid, l'ansia e la tanto discussa guerra, abbiamo fatto due chiacchiere con il Guru della musica colta.
Cosa può aspettarsi chi verrà ad assistere al tuo concerto a Locarno?
«Un pianoforte e un cuore attaccato alla tastiera. Attraverso le mie note cercherò di trovare un senso all’inquietudine che ci avvolge tutti in questo periodo storico fino ad arrivare a un sentimento liberatorio. Le persone vanno via dal mio concerto con il sorriso e un ritrovato contatto con la propria identità più profonda».
Sono stati degli anni particolari, in cui ci siamo dovuti quasi fermare. La pandemia ci ha cambiato o ti ha fatto capire qualcosa di te o della vita?
«Nonostante la drammaticità, le ripercussioni sul mondo del lavoro, e nella nostra vita quotidiana, nonostante le difficoltà delle relazioni umane, la pandemia ha rappresentato per molti l’occasione di un allargamento della mente. Dal mio punto di vista, a fianco all’ansia, ho trovato il modo di sviluppare la mia creatività. In questo periodo ho scritto un libro ed ho affrontato il viaggio interiore compositivo che mi ha portato alla realizzazione dell’album “Estasi”».
Gli esperti dicono che la pandemia ha contribuito ad aumentare l’ansia nelle persone. Come vanno i tuoi attacchi d’ansia di cui avevi parlato proprio in una nostra intervista a Lugano?
«Continuo a pensare che chi soffre di ansia e panico sia una persona speciale. In una società fortemente conformista come quella attuale, che ci vuole tutti incasellati, omologati, e uniformati a un pensiero unico, sono gli spiriti liberi. Si sentono inadeguati e colti dall’ansia. In realtà, in loro c’è il germe del nuovo e dell’autenticità».
Sei diventato ambasciatore dell’Earth Day European Network, che messaggio vuoi trasmettere a favore del clima? Nel tuo piccolo, in che modo contribuisci alla salvaguardia del clima?
«La lotta al cambiamento climatico va affrontata attraverso piccoli gesti della vita quotidiana. Ma c’è una battaglia più difficile che trascende la quotidianità e che consiste nel creare una nuova mentalità universale. Quando nuove idee saranno condivise da tutti, allora la politica di conseguenza farà le scelte giuste. È in ballo una questione morale: tenerci stretta la sicurezza oggi oppure rinunciare ai privilegi per consegnare alle generazioni future un mondo più pulito e giusto. Io sono per la seconda via, e impegnerò la mia anima e ogni mia nota per realizzarla».
È il 2022 e si è tornati a parlare di guerra, con quello che sta succedendo tra Ucraina e Russia. L’artista nostrano Davide Van de Sfroos ha detto recentemente che un artista non può far finta di niente davanti a un fatto del genere, ma che si deve esprimere con le sue “armi” (musica, arte, poesia) Cosa ne pensi?
«Le prime date dell’Estasi Tour sono andate in scena quando il conflitto in Ucraina era scoppiato da pochi giorni. Dietro le quinte ho vissuto momenti di grande tormento sul senso nuovo che la mia musica avrebbe rappresentato e sul pubblico che avrei incontrato, sicuramente confuso e desideroso di risposte. Io voglio credere che questa guerra, tra qualche mese, sarà soltanto un brutto ricordo. Perché nel 2022 è inconcepibile che una sola vita innocente venga sacrificata per una brama di potere e di ricchezza. Purtroppo mi sembra di notare che i grandi attori, i potenti della Terra, che si stanno confrontando in questi giorni non abbiano tra le loro priorità quella di fermare la violenza e mettersi a discutere. Ne consegue la possibilità di un’escalation militare che nessuno vuole. Spero davvero che la saggezza per il giudizio torni a illuminare le loro menti».
Hai ormai una lunghissima carriera. Cosa consiglieresti alle nuove leve che vorrebbero intraprenderla, ora?
«Osservando i giovani protagonisti contemporanei del mondo della musica colta, non posso non notare la loro avvenenza, quasi che la bellezza dell’aspetto finisca per essere più importante del contenuto musicale proposto. Questo è il mondo contemporaneo dominato dalla logica dell’apparenza dei social. È molto probabile che gli artisti del futuro saranno invece coloro che ricominceranno a sviluppare un profondo lavoro di ricerca musicale. Il consiglio è quello di studiare, comprendere cosa c’è alle nostre spalle e da lì trovare il coraggio di fare il salto verso orizzonti inesplorati. Il mondo ha bisogno di questo».
Vieni sempre più spesso in Ticino, intendi trasferirti qui?
«Sono tanti anni che vengo in Ticino, e ogni volta l’affetto che ricevo mi ripaga dei sacrifici che la vita artistica comporta. Magari un giorno mi concederò la possibilità di vivere per respirare i silenzi, la serenità e i colori che trovo nel Ticino, per inseguire nuove intuizioni musicali».