Al cinema dal 25 gennaio, "Povere creature!" è un capolavoro sulla riappropriazione dei corpi e sull'emancipazione femminile
Di chi è il corpo? Se il suo passato si ricollega al presente solo attraverso la carne. Se chi lo abita è integralmente diverso da chi ci è nato. E come renderlo proprio? Se viene vestito secondo le scelte di terze persone. Se fra tutte le porte che vorrebbe aprire resta solo una finestra.
Osservata, controllata, studiata. Bella Baxter (Emma Stone) muove i suoi primi passi in una grande villa dell’epoca vittoriana. È la «povera creatura» di God(win) Baxter (Willem Dafoe), l’uomo che ha del mostro di Frankenstein il volto, ma che - a differenza del creatore immaginato dalla scrittrice Mary Shelley, nata “Godwin” - ama, cura e coltiva interesse e curiosità in tutto ciò che crea. Bella batte forte le mani, sputa nel piatto l’aringa affumicata, vuole tagliare i corpi, sentire cosa succede quando poggia le dita sulla tastiera di un piano. È un feto nel corpo di donna. O, meglio, al posto di una donna. Di adulto ha solo l'aspetto: il suo cervello è quello di un bebè.
È una «favolosa ritardata», o così perlomeno appare agli occhi di Max McCandless (Rami Youssef), incaricato dal padrone di casa, dottore e insegnante di anatomia all’università, di seguire Bella in ogni minuto della sua giornata, annotandone i miglioramenti dal punto di vista del linguaggio e della sicurezza nei movimenti.
Movimenti che lentamente non riguardano tanto più la scoperta di quanto accade tutto intorno, ma di una stanza, quella dell’intimità, che Bella esplora toccandosi una mattina appena sveglia. Il suo punto G coincide con la rottura con quell’infanzia che la abita e di cui comincia a svestirsi.
La main part di questo ultimo capolavoro di Yorgos Lanthimos riguarda l’avventura che Bella chiede e ottiene di intraprendere, segnata dalla scoperta del piacere dei corpi. Tanto che il sesso come forma di emancipazione e anche di ricerca personale e scientifica diventa personaggio, ambientazione e trama.
Sembrerà volgare e stereotipato parlare della crescita di una donna ponendone al centro il suo nudo corpo, ma è un meccanismo di riappropriazione del sé totalmente valido e, sì, femminista in un mondo in cui gli uomini vogliono poter decidere come vestire quel corpo e con chi sposarlo. E in questo specifico caso parliamo di tre personaggi, quello di Godwin, di Max e di Duncan (Mark Ruffalo) che alzano a meraviglia - quasi a donna angelo - Bella e che la guardano come se ne fossero tutti creatori e responsabili, motivo per cui ne reclamano la proprietà, chi urlando e mostrando i muscoli, chi stipulando contratti e giocando a fare Dio nel tentativo di sostituirla come fosse un oggetto.
Un altro tratto non meno importante è quello dei vestiti che Bella indossa nella sua crescita, che perdono a mano a mano l'aspetto principesco e di disordine e che si fanno non più severi, ma più suoi. Maggiormente in linea con chi decide di diventare e che vengono a sottolineare quel distacco sul "chi" gli altri avrebbero voluto che fosse.
Per citare le varie impressioni fin qui raccolte, è una Barbie che ce l’ha fatta. Senza nulla togliere al mondo creato da Greta Gerwig che resta, a differenza del film di Lanthimos, accessibile al pubblico più vario e di tutte le età e per questo parte integrante dell’evoluzione del discorso. L’interpretazione del femminismo di Margot Robbie è, se vogliamo, la bambina che in Emma Stone si fa adulta.
“Povere creature!” è un viaggio di oltre due ore all’interno della scoperta del sé, dei confini che vanno segnati nelle relazioni e della meraviglia umana, quando umani si diventa. Che spinge il lecito un po’ più in là, divertendo e commuovendo. E che non finisce una volta arrivati ai titoli di coda, ma che si installa nei pensieri e stimola al ragionamento.
Qui la programmazione nelle sale ticinesi.