L'attaccante 29enne: «La prima settimana dopo due-tre scatti mi bloccavo. Avevo sempre il fiatone e mi sentivo stanco».
Il bomber albanese si è anche espresso a proposito del Lugano: «La squadra, Renzetti e i tifosi meritano l'Europa. Un giorno mi piacerebbe tornare».
LA PAZ - Lo scorso mese di gennaio il giramondo Armando Sadiku è approdato in Primera Division, nel massimo campionato boliviano. Dopo le avventure in Svizzera (Locarno, Lugano, Zurigo e Vaduz), Polonia (Legia Varsavia), Spagna (Levante e Malaga) e Turchia (Erzurum), il bomber albanese di 29anni si è accordato per due stagioni con il Bolivar.
Armando, come mai hai optato proprio per la Bolivia?
«Terminata l'esperienza al Malaga nello scorso campionato, ho deciso di andare in Turchia, ma non mi sono mai ambientato. Così a gennaio – complici anche le difficoltà finanziarie legate alla pandemia, che hanno colpito i club europei – mi sono trasferito in Bolivia. Non è stato per niente semplice lasciare l'Europa, ma l'offerta era irrinunciabile e il progetto del club davvero interessante».
Il Bolivar è una società ambiziosa e si è recentemente qualificato per i playoff di Copa Libertadores, eliminando il Montevideo Wanderers. L'ultimo scoglio per accedere alla fase a gironi è rappresentato dai colombiani del Junior (l'andata si giocherà il 9 aprile).
«Uno dei miei obiettivi personali era proprio quello di giocare la Libertadores. Siamo veramente vicini alla qualificazione anche perché, grazie all'altitudine della Bolivia, abbiamo un notevole vantaggio quando giochiamo in casa».
La Paz, città in cui ha sede la squadra, è infatti situata a più di 3'500 metri sul livello del mare e, se non si è abituati, ci si può confrontare con dei seri problemi di respirazione.
«Quando sono arrivato non è stato per niente evidente. La prima settimana dopo due-tre scatti mi bloccavo. Avevo sempre il fiatone e mi sentivo stanco. Con il tempo però ho imparato alcune tecniche di respirazione che, combinate a un certo tipo di allenamento, facilitano la situazione. Quando affrontiamo in casa avversari che arrivano da fuori si stancano subito e sul campo camminano, mentre noi riusciamo a correre normalmente per tutto l'incontro perché siamo abituati al clima. In questo modo diventa più facile vincere le partite».
Cosa ne pensi del tuo nuovo club?
«C'è molta qualità. Il gruppo è composto da diversi elementi della nazionale boliviana e, oltre a questo, cinque compagni di squadra sono spagnoli, così come l'allenatore, lo staff tecnico e il ds, con cui ho un ottimo rapporto dai tempi del Malaga. Mi conoscevano già e mi hanno voluto fortemente. Questi fattori hanno influito sulla mia scelta e sono soddisfatto della decisione presa. Oltre a ciò la società è entrata a far parte del "City Football Group", una holding company controllata dal Manchester City, con l'obiettivo di creare e sviluppare una rete di squadre collegate fra di loro. Sono in totale una dozzina le formazioni professionistiche di tutto il mondo legate a questa organizzazione. Entrando a far parte di uno di questi club in qualità di giocatore, si ha la possibilità di vivere con il tempo diverse realtà "interne", passando da una squadra all'altra a dipendenza delle esigenze di ognuna. I giocatori sono mirati, hanno fame e cercano di mettersi in mostra per salire di livello. Siamo costantemente stimolati e la concorrenza è davvero alta».
Pensi ancora al Lugano?
«È la mia seconda casa e un giorno mi piacerebbe tornare. Seguo tutte le partite e sono rimasto in contatto con alcuni giocatori, così come con il ds Padalino. Il gruppo è valido, ha un grande spirito e sono convinto che quest'anno raggiungerà l'Europa. La squadra, il presidente Renzetti e i tifosi se lo meritano».