Federico Lorenzetti - presidente del Sassariente - in merito al "caso ES Malley", società calcistica dai modi di fare... intransigenti.
«Ci sono mille step prima di arrivare a coinvolgere la SFL: bisogna capire la situazione, sedersi a tavolino utilizzando il dialogo. Ancor di più quando di mezzo ci sono dei bambini»
LOCARNO - Solo qualche allenamento, poi la decisione di non continuare a giocare a pallone. È il "caso" di un bimbo di dieci anni, che - come raccontato negli scorsi giorni da 20minutes - ha rischiato di essere bandito da tutte le squadre calcistiche del paese. Per sempre, senza se e senza ma.
Ma come sono andati i fatti? L'ES Malley, dopo aver accolto il bimbo agli allenamenti, ha preteso dalla famiglia il pagamento per intero della tassa sociale annuale. Il club vodese, in base al suo statuto, è stato irremovibile ed ha seguito alla lettera il regolamento. Anzi... Vedendo i genitori restii nel versare la quota, dopo che il figlio aveva abbandonato l'attività, la società romanda si è rivolta alla Federazione Svizzera di Football (SFL), la quale ha scritto agli stessi di procedere all'immediato pagamento. «Abbiamo pagato subito, non volevamo che venisse segnato a vita il nome di nostro figlio - ha commentato la madre - Ma è un modo di fare disgustoso».
Una storia che ha amareggiato e non poco Federico Lorenzetti, presidente del Sassariente, organizzazione che al suo interno conta oltre 400 ragazzi. «Sono rimasto sorpreso e disgustato dell'articolo in merito alla squadra vodese che si lamentava di non aver ricevuto il pagamento della tassa sociale per qualche settimana di allenamento. Si è ricorsi fino alla SFL... È vero, c'è un regolamento che te lo permette e nessuno ti vieta di muoverti in tal senso, ma in questo caso l'aspetto umano è stato calpestato. Un articolo del genere mi ha toccato il cuore e il sistema nervoso».
Come gestire, quindi, un caso di mancato pagamento della tassa sociale?
«Ci sono mille step prima di arrivare a coinvolgere la SFL: bisogna capire la situazione, sedersi a tavolino utilizzando il dialogo. Ancor di più quando di mezzo ci sono dei bambini. È vero che le società vivono di tasse sociali, senza le quali non riuscirebbero a tirare avanti... Ma poi bisogna tener conto dell'aspetto umano: si tratta di bimbi e di ragazzi che vengono a giocare per divertirsi e per stare all'aria aperta. Non si può sbatter loro la porta in faccia».
Come comportarsi, quindi, con chi non paga?
«In primo luogo ascoltando le emozioni del bimbo, perché è quella la voce più importante. Magari è in soggezione per qualcosa, magari non si trova bene, magari qualcuno l'ha ferito: possono essere tanti i fattori che portano un bimbo ad abbandonare un'attività. E poi, in secondo luogo, passando ai genitori con i quali cercare di arrivare a una soluzione. Trovo che tirare in ballo la SFL, per 250 franchi, è un atto intimidatorio che ha quale unico scopo quello di incassare i soldi. Purtroppo non c'è più l'aspetto umano che c'era un tempo».
Nel Sassariente avete già dovuto affrontare casi simili?
«Alcuni sì, ma li abbiamo risolti parlandone, come è giusto che sia. Ne approfitto per ringraziare tutto il mio staff, il comitato che lavora con me, le quattro società facenti parte la nostra organizzazione - Riarena, Gordola, Minusio e Tenero -, allenatori, genitori e le ragazze della Buvette. Tenere in piedi un settore giovanile con 427 ragazzi è un successo di tutti. Non di una sola persona...».