Medico di Swiss Athletics, Daniele Angelella ci ha raccontato i rischi che un calciatore corre giocando troppe partite
«Non ci sono grandi magie, i due pilastri sui quali si basa un buon recupero sono il sonno e una buona alimentazione».
TENERO - Giocatori di calcio spremuti come limoni, ai quali si chiede sempre qualche "straordinario" in più. Match che aumentano, tempi di recupero che inevitabilmente si restringono. Così il rischio di infortunarsi, a volte anche gravemente, aumenta sensibilmente. I calciatori sono al limite, tanto che - recentemente - alcuni di essi hanno denunciato apertamente una situazione insostenibile, minacciando uno sciopero generale. «Si gioca troppo, 60 o 70 incontri a stagione non sono sostenibili. Siamo vicini a uno sciopero», aveva detto nelle scorse settimane il fresco Pallone d'Oro Rodri.
Abbiamo affrontato la tematica con il Dottor Daniele Angelella, ex atleta ad alti livelli e oggi medico di Swiss Athletics e Swiss Rowing, attivo a Tenero e Lucerna. «Ci sono varie statistiche che indicano quanti infortuni si verificano in partita e quanti in allenamento. La partita ha un rischio fino a dieci volte più elevato come mostra un recente studio: 36 infortuni per 1'000 ore di gioco durante le partite, 3,7 nel corso degli allenamenti. Se aumenti il numero degli incontri rispetto agli allenamenti, incrementi anche il rischio di farti male. È una conseguenza logica...».
Quando i giocatori si fanno male?
«Per il corpo di un giocatore disputare una partita è davvero stressante. A livello di intensità, affrontare un match di calcio non è paragonabile a un allenamento. Il giocatore si fa male principalmente quando fa i contrasti o quando corre veloce. In questo senso, in allenamento i movimenti sono molto più controllati. Gli infortuni più frequenti? Muscolo-scheletrici, lesioni dei crociati, lesioni muscolari, distorsioni e contusioni».
Ma non è soltanto una questione fisica...
«Esattamente, anche la testa incide moltissimo. Vi porto un esempio: chi scende in campo è spesso padre/madre di famiglia ed è chiamato ad andare in trasferta insieme alla squadra, allontanandosi dai suoi cari per alcuni giorni. Non parliamo dunque soltanto di una sofferenza fisica, ma in alcuni casi c'è anche un po' di disagio psicologico. Di questo aspetto se ne parla poco, ma sicuramente incide».».
E quando si è stanchi...
«Se ci si allena da stanchi, il rischio di contrarre un'infezione alle vie respiratorie - virus, influenza, ecc. - aumenta... Questo discorso non vale soltanto per il calcio. Se fai uno sforzo molto intenso le energie del tuo corpo vengono distribuite principalmente verso il recupero, motivo per il quale il tuo sistema immunitario potrebbe essere più cagionevole. In generale allenarsi da stanco non è mai ideale».
Ma perché, a differenza del calcio, nell'hockey si giocano tante partite senza che nessuno si lamenta?
«Introdurre più flessibilità nelle sostituzioni potrebbe essere d’aiuto nel calcio. Inoltre, ogni volta che c'è un cambio di direzione, il corpo sprigiona un sacco di forza a livello di caviglie, ginocchia, anche e schiena. Certamente anche nell'hockey ci sono i cambi di direzione, ma essendo sul ghiaccio risulta meno stressante per articolazioni e muscoli. Non dimentichiamo inoltre le protezioni che i giocatori di hockey vestono. Un esempio agli antipodi invece è il nuoto, sport molto più fluido, nel quale gli atleti d’élite riescono a fare 3/4 allenamenti al giorno, proprio perché è un'attività meno traumatizzante».
Cosa si può fare per prevenire alcuni infortuni?
«L'aspetto base è il recupero. Non ci sono grandi magie, i due pilastri sui quali si basa un buon recupero sono il sonno e una buona alimentazione. Generalmente, chi dorme meno di sette ore al giorno è più incline a lesioni muscolari. Il sonno e il dormire bene, per chi fa sport tutti i giorni ad alti livelli, è davvero importante. Spesso per un atleta che si trova con la squadra in trasferta risulta più complicato recuperare, soprattutto perché non può seguire il suo piano alimentare o perché non può dormire nel proprio letto».
Esistono dei programmi da seguire per la prevenzione?
«Esistono dei programmi di rinforzo per migliorare la stabilità, che possono aiutare a evitare gli infortuni. I preparatori atletici sono spesso in possesso di questi dati, ma non sempre possono essere presi in considerazione dai club per mancanza di risorse o perché vanno a togliere tempo di lavoro alla tattica, ecc... È un po' un circolo vizioso, non è facile trovare un equilibrio soprattutto quando una squadra gioca tante partite».
Raccontaci, infine, il tuo percorso professionale...
«Già in età di scuola media avevo deciso che volevo diventare medico. Ho praticato l'atletica ad alto livello, 100, 200 e 400m, prendendo parte a diversi campionati europei, alle Diamond League a Losanna, Zurigo e Roma, oltre che essermi laureato campione svizzero. La passione e l'interesse professionale si sono dunque incontrati ed è così che sono diventato medico dello sport. Ho portato avanti i miei studi, mi sono formato in Medicina Interna e Medicina dello Sport. Oggi sono attivo presso il Centro Sportivo di Tenero ma anche a Lucerna. È un lavoro davvero gratificante...».