Elia Mazzolini: «Nell'hockey non vedevo troppo futuro. Ho ricevuto un'offerta alla quale non ho voluto rinunciare».
AMBRÌ - Elia Mazzolini ha deciso di appendere i pattini al chiodo a soli 25 anni, dopo cinque stagioni da professionista.
In questo periodo il ticinese si è diviso fra Ambrì e Ticino Rockets, dove ha disputato rispettivamente 131 partite di National League (7 punti) e 118 fra i cadetti (25 punti). «Non è stata una decisione semplice», ha analizzato proprio Mazzolini. «Adoro l'hockey e ha sempre fatto parte della mia vita, ma ho scelto di dare la priorità al mio futuro. Ho infatti ricevuto un'offerta di lavoro a tempo pieno molto allettante, alla quale non ho voluto rinunciare».
Il 25enne è un dipendente della “Drytech” di Bedano, con cui ha collaborato part-time già durante i quattro anni in Leventina. Quest'azienda si occupa dell’impermeabilizzazione di costruzioni in falda, sotterranei e strutture a contatto con l’acqua. «Ho sempre preferito tenere una strada alternativa aperta e quando ero ad Ambrì lavoravo parallelamente come polimeccanico. Terminato l'allenamento mattutino con i biancoblù iniziava infatti una seconda vita per me, così come quando finiva la stagione. I miei compagni andavano in vacanza un mese, mentre io lavoravo al 100% fino a quando ripartiva il campionato. Una situazione diventata abbastanza pesante e difficile da gestire».
Sei stato coraggioso, hai solo 25 anni... «La scelta era se continuare a scommettere sulla mia passione senza avere certezze oppure cogliere al volo una buona opportunità professionale e pensare a lungo termine. Onestamente non sono mai stato quel tipo di giocatore che poteva permettersi grandi ambizioni economiche, non ho mai avuto molto mercato. Avessi avuto davanti un progetto solido e che mi avrebbe permesso di vivere di rendita per dieci anni, il discorso sarebbe stato diverso. In sostanza nell'hockey non vedevo troppo futuro e anche ad Ambrì non sapevo mai se sarei sceso sul ghiaccio».
Cresciuto nel vivaio del Lugano, Mazzolini ha vinto nel 2016 il campionato di Prima Lega con il Biasca di Cereda. La stagione successiva la squadra – diventata nel frattempo Ticino Rockets – ha disputato la Swiss League. Sia per il coach sia per l'attaccante è iniziata la scalata verso la massima serie. «Cereda è stato fondamentale per la mia carriera, sia come persona sia come allenatore, e senza di lui non avrei mai giocato in National League. Gli sono riconoscente. Conosceva molto bene le mie caratteristiche e sapeva cosa potevo portare all'Ambrì. Ero uno dei suoi uomini e ho sempre svolto i compiti che mi chiedeva. Nel gruppo avevo un ruolo specifico e l'ho sempre accettato di buon grado, anche se non era sempre gratificante».
Qual è il giocatore più forte con cui hai giocato? «Senza ombra di dubbio Dominik Kubalik. Un vero campione, completo e umile. Lo reputo il giocatore tipo. Il miglior ricordo? Ho vissuto delle emozioni incredibili e mi sono divertito molto. Se ripenso ai derby, alla Coppa Spengler o alle sfide con Merzlikins: tante piccole situazioni che mi hanno aiutato a crescere come uomo».