Gabarrini&Co assi nella manica di Pecco
Bagnaia batte Martin (anche) per il box.
BURIRAM - Vincere è un lavoro durissimo, per il quale non tutti sono predisposti. Soprattutto, è un lavoro che richiede tempo, abnegazione, sacrifici e spirito di squadra. E anche se poi nel momento decisivo ti ritrovi solo contro tutti gli altri, vincere non è mai un gioco solitario. Da sabato il concetto è diventato un po’ più presente nella realtà di Jorge Martin, passato in poco più di un minuto da eroe a grande sconfitto. E siccome se c’è uno sconfitto ci deve essere un vincitore, i panni in questione in quel momento li ha vestiti Francesco Bagnaia.
Vincere è un lavoro durissimo, si è detto, ma come per il talento bisogna anche allenarsi per farlo. E nell’epilogo del GP d’Australia si è vista tutta la differenza tra chi a trionfare è abituato e chi, invece, sta navigando in acque sconosciute.
Perché se Pecco ha già in bacheca due Mondiali, la sua squadra, o meglio, chi la sua squadra la comanda come un gran direttore d’orchestra, ne ha vinti di più. Cristian Gabarrini, l’ingegnere di pista di Bagnaia, è infatti un uomo navigato. Era al fianco di Casey Stoner nel 2007 con la Ducati, lo ha poi seguito in Honda nel 2011 centrando subito il titolo, ha quindi coordinato il lavoro degli ingegneri HRC quando dopo il ritiro di Casey è iniziata l’era di Marquez, tornato in Ducati nel 2017 si è seduto al fianco di Jorge Lorenzo e, infine, ha coltivato la crescita di Pecco dalla Pramac al team ufficiale. Sopra di lui, poi, c’è Davide Tardozzi, vecchio lupo di mare delle corse, e ancor più su Gigi Dall’Igna, il papà del miracolo Ducati. Quando questi tre parlano, soprattutto se dicono la stessa cosa, Bagnaia ascolta.
Martin un titolo lo ha vinto anche lui, in Moto3 nel 2018, ma da allora non ha più lottato per un Mondiale. E lo stesso vale sia per il suo capotecnico, Daniele Romagnoli, sia per la Pramac, che non si è mai trovata in questa situazione. L’unico ad aver fatto esperienza nelle categorie minori è Gino Borsoi, salito a bordo quest’anno, bravissimo nel suo ruolo di team manager ma forse non ancora capace di mostrare i muscoli come a volte si dovrebbe fare.
In Australia, su una pista complicata e dove la scelta della gomma era pressoché obbligata, lo si è visto. Sotto la regia di Gabarrini, Bagnaia ha sempre lavorato in una direzione, rischiando di pagarla in qualifica, ma comunque senza mai tentennare. Martin, viceversa, si è fatto ingannare dalla grande velocità con le morbide, non gli è importato esserlo anche con le medie, ha voluto fare di testa sua, scegliendo di correre il GP con quella soluzione. I tecnici Michelin, lo stesso Dall’Igna, lo avevano sconsigliato, Borsoi e Romagnoli, invece, non hanno capito, o avuto il coraggio di dirgli che stava facendo una cazzata. Il risultato? Da una vittoria e un possibile -4 in classifica generale, Martin in poche curve si è ritrovato quinto e a -27 punti da Bagnaia. Se perderà il Mondiale, dovrà prendersela soprattutto con se stesso.