L’età che avanza e profili non al passo con i tempi tra le cause principali
BERNA - Il tasso di disoccupazione è elevato ma i lavoratori ci sono. O meglio ci sarebbero. Questa contraddizione evidente pone da un lato la cifra record del 2% di quanti sono senza occupazione - secondo i dati della Segreteria di Stato dell'economia (Seco) - e dall’altro chi invece ha una professionalità qualificata ma si trova comunque ai margini del mondo lavorativo senza riuscire a entrare o a rientrare. Sembra infatti che le aziende non abbiano un grande bisogno di nuovi dipendenti.
Le ragioni - Diverse le motivazioni che vengono analizzate e spiegate da Pascal Scheiwiller, Ceo dell'azienda di outplacement Rundstedt & Partner, che aiuta le persone a orientarsi dopo un licenziamento. Scheiwiller e il suo team hanno intervistato 2000 responsabili delle risorse umane in Svizzera per indagare i punti di tensione nel mercato del lavoro.
Le difficoltà sono una costante anche per quanti hanno un lavoro temporaneo o part-time e vorrebbero lavorare di più. Figure queste, come ad esempio le donne che vogliono rientrare dopo la maternità, che si sommano ai disoccupati andando a creare il cosiddetto “tasso di carenza di manodopera”, che secondo l’Ufficio federale di statistica è a oggi dell’8,7%.
Le criticità maggiori - Viene allora sempre di più da domandarsi cosa stia accadendo. Semplice ma brutale: il mondo del lavoro sta cambiando sempre più rapidamente è soprattutto «le figure professionali stanno mutando radicalmente», spiega Scheiwiller. «Chi ha un vecchio profilo lavorativo cadrà nel dimenticatoio», spiega l’esperto. «È brutale per queste persone leggere costantemente della carenza di lavoratori qualificati, ma non riuscire a trovare occupazione», aggiunge.
Il mondo industriale - Anche perché le aziende ovviamente dichiarano di essere interessate a profili con esperienza nel proprio settore di riferimento, ma è poi altissima la «percentuale di imprese che non sono disposte ad assumere persone che poi devono essere ulteriormente formate», spiega Scheiwiller. Non basta, ad esempio, essere un falegname se poi l’azienda è specializzata nella falegnameria industriale che ha processi meccanizzati differenti rispetto a quelle che possono essere le competenze di un piccolo artigiano.
E come un cane che si morde la coda - con tante persone fuori dal mondo del lavoro - accade anche che le malattie legate allo stress da lavoro siano in crescita. In base ai dati raccolti dall’indagine infatti «il 28% dei dipendenti attivi è permanentemente oberato di lavoro. Ma le aziende, pur consapevoli di tale burnout, non fanno nulla», critica Scheiwiller.
L'età - Ultimo, ma ovviamente non per importanza, il fattore età. Per colmare il divario demografico all’interno del mercato del lavoro, i dipendenti dovrebbero lavorare oltre l’età pensionabile, ma le aziende non vogliono. «Il limite critico è 57 anni, oltre il quale diventa difficile trovare un nuovo lavoro», dice Scheiwiller che chiude dicendo «dobbiamo prendere subito contromisure, prima che questi fenomeni diventino problemi sostanziali per l'economia svizzera.