Boom di ticinesi nei ristoranti oltre confine. E alcuni non disdegnano le consegne di pasti a domicilio: in barba alle regole doganali. Abbiamo fatto un test
LUGANO - Tutti pazzi per il sushi. Ma anche per il kebab, e l'intramontabile pizza: sono un flusso ininterrotto i ticinesi in trasferta nei ristoranti oltre confine, a Ponte Tresa o Ponte Chiasso, sempre strapieni. Ma negli ultimi tempi i clienti sono diventati più esigenti e pantofolai. Così, alcuni ristoratori si sono attrezzati per il “food delivery”.
C'è solo un piccolo problema: non si può fare. Le regole doganali parlano chiaro. Le consegne di pasti a domicilio dall'Italia alla Svizzera «rientrerebbero nella categoria della cosiddetta merce commerciale» spiegano dalle Dogane. «Andrebbero quindi soggette a dichiarazioni d'importazione». Ma alle frontiere ticinesi non sono mai arrivate richieste simili, da parte di “corrieri” di pizza o sushi.
Eppure c'è chi tenta la sortita, in barba ai controlli doganali. Abbiamo fatto un test, contattando una serie di ristoranti e pizzerie (13 in tutto) nella fascia di confine. Quattro effettuano consegne a domicilio, e di questi solo uno – una pizzeria di Ponte Chiasso – si fa dei problemi ad attraversare il confine. «In Svizzera? Non è possibile, ci dispiace».
Altri tre ristoranti si dicono invece disponibili: in due casi anche la sera e nel weekend. Quando gli uffici doganali sono chiusi. «Facciamo consegne in Ticino, ma solo per importi superiori ai trenta franchi» spiega un ristoratore di Ponte Chiasso. Ordiniamo: 38 euro di sushi e sashimi. Tempo mezz'ora e il corriere si presenta all'indirizzo fornito, a Chiasso, con tanto di scontrino (e il prezzo indicato anche in franchi). Nessuna aggiunta per la trasferta.
Il fenomeno non è del tutto nuovo. Già nel 2014 l'Afd aveva registrato un «flusso crescente» di fattorini delle pizze al confine tra Basilea e Baden-Würtenberg, intimando ai ristoratori di regolarizzarsi. In Ticino i “contrabbandieri” di pasti a domicilio sono più rari, ma «si tratta comunque di concorrenza sleale» secondo il direttore di GastroTicino Massimo Suter. «I ristoratori ticinesi devono sottostare a un'infinità di regole e sono già danneggiati dal turismo del sushi. Ora si vedono rubare i clienti a casa propria con metodi sleali». L'associazione invoca quindi «più controlli» sui furbetti.