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GAMBAROGNOPer colpa del coronavirus, dovrà laurearsi via Skype

12.03.20 - 07:16
Accade a Beatrice Siciliano, 22enne residente a San Nazzaro, studentessa in scienze motorie
Foto Tio/20Minuti
Beatrice Siciliano
Beatrice Siciliano
Per colpa del coronavirus, dovrà laurearsi via Skype
Accade a Beatrice Siciliano, 22enne residente a San Nazzaro, studentessa in scienze motorie
La sua università si trova a Parma, in un'Italia blindata. Anche USI e SUPSI si stanno muovendo

GAMBAROGNO - Costretta a difendere la propria tesi universitaria via Skype per colpa del nuovo coronavirus. Succede a Beatrice Siciliano, 22enne di San Nazzaro (Gambarogno), studentessa in scienze motorie, sport e salute. La sua Università, infatti, si trova a Parma, in un'Italia blindata. «Sono dispiaciuta – sottolinea –. È uno di quei momenti che ti capitano una volta sola nella vita. E io lo dovrò vivere così. Allo stesso tempo, però, sarà un’esperienza particolare». 

L’esame in pigiama – Beatrice si trova all’ultimo atto prima dell’ottenimento della laurea triennale. Poi potrebbe iniziare a lavorare. «Non sono particolarmente preoccupata per l’esito dell’esame. Sono preparata. E finora sono sempre andata bene. Solo che tutto questo mi appare surreale. Difenderò la mia tesi il prossimo 19 marzo. Qualcuno ironizza sul fatto che potrò farlo in pigiama. Vale anche per i miei compagni di corso. La cerimonia ufficiale di consegna dei diplomi? Si farà più avanti. Quando le cose si saranno stabilizzate dal punto di vista sanitario».

Anche l’USI si muove – Intanto anche in Ticino ci si sta muovendo. Lorenzo Cantoni, docente all’Università della Svizzera italiana, conferma: «Le facoltà sono state autorizzate a organizzare le discussioni di tesi in videoconferenza, anche in deroga agli attuali regolamenti. In caso di tesi, infatti, non c’è timore che la persona non sia identificabile o che l’essere in remoto possa alterare i risultati della discussione».

Regioni a rischio – E stanno arrivando le prime richieste. «Ad esempio quella di un nostro studente che già lavora a Parigi, e che rischierebbe, venendo all’USI passando dalla Lombardia, di non potere lavorare una volta rientrato in Francia. Solo tra qualche mese saremo in grado di fare una statistica delle richieste accettate dalle varie facoltà».

La SUPSI medita nuove mosse – Qualcosa di simile bolle in pentola anche alla Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana (SUPSI), che nel frattempo ha sospeso le attività didattiche. Uno dei responsabili della comunicazione, contattato da Tio/ 20Minuti, resta sul vago. «Non escludiamo che vi possano essere novità sul tema. Ci stiamo attrezzando per quanto riguarda le lezioni».

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COMMENTI
 

anndo76 4 anni fa su tio
dovrebbe essere contenta che con la tecnologia,e sopratutto in questa situazione, riesce a laurearsi !!!

fromrussiawith<3 4 anni fa su tio
SUPSI, USI dormite seguendo le politiche delle università svizzere che non offrono programmi post universitari online, e con questo state perdendo una grande fetta di mercato futuro a scapito grandi e note università anglosassoni e asiatiche che ovunque il curriculum dei master of Phd lo permetta, offrono l'intero e esatto corso sia online che on campus con la stessa qualità e rigore (ma purtroppo non con lo stesso tasso di dropouts, credo; e questo è un lato da migliorare con ambienti virtuali etc.).

Tato50 4 anni fa su tio
Se non c'era questa possibilità, niente esami ; quindi non vedo il motivo di lamentarsi !

vulpus 4 anni fa su tio
Ma non è niente di straordinario. Forse magari, anche merito del "coronavirus" arriveremo a capire che si può vivere anche in modo diverso. E questa simpatica ragazza, magari anche lei in prima fila al tempo delle contestazioni di strada alla Gretina, avrà scoperto che può anche contribuire a migliorare l'ambiente senza doversi spostare a Parma. Auguri

Canis Majoris 4 anni fa su tio
Ma è possibile che questi metodi esistono da anni e vengono sfruttati solo ora? Telelavoro, telescuola, meno traffico, meno stress, più posteggi, più aria pulita... insomma siamo ridicoli

Pongo 4 anni fa su tio
Risposta a Canis Majoris
good point

Mattiatr 4 anni fa su tio
Risposta a Canis Majoris
Io non credo affatto al lavoro da casa, per il semplice fatto che ho bisogno di separare la professione dalla vita privata. Difatti per questo sto puntando nel mio comune (alta Vallemaggia) di reinventare alcune strutture in luoghi di ritrovo e lavoro. Certo, il rischio di dover far comunque dei chilometri in macchina persiste, però il tragitto è ridotto di 1/4 o 1/5. Diciamo che se si riuscisse a creare delle strutture fornite d'internet, corrente, servizi sanitari e cancelleria varia sono convinto che in molti ridurrebbero il tempo in ufficio favorendo la ''delocalizzazione''.
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