Il cambio di abitudini lavorative? Meno metri quadri per gli uffici e appartamenti diversi.
Remigio Ratti: «Senza scossoni si dovranno attendere quattro o cinque anni per tornare a una situazione stabile e positiva come quella appena chiusa».
LUGANO - Superata la fase acuta di un'epidemia inaspettata quanto violenta potremo, forse per l'estate, smettere di trattenere il respiro e tornare a godere di una relativa normalità. Quando smetteremo di preoccuparci di mascherine, gel disinfettante e tamponi, potrebbe tuttavia essere altro – qualcosa di più pratico – a far passare qualche notte insonne a molti di noi. Che ne sarà delle conquiste di tanti anni? Che quotidianità ritroveremo? E il lavoro?
«Spero che la fase del dopo-virus possa portare una ripresa, che sarà comunque dura. Non dobbiamo fare l'errore di pensare che, finita l'emergenza, tutto sarà come prima, che si potrà recuperare tranquillamente quanto perso. Dovremo ricominciare a lavorare e impostare le attività tenendo conto che mercato e produzione subiranno grossi assestamenti. Dovremo prepararci a uno scenario del genere».
Il Governo si è mosso tempestivamente.
«Penso che le misure prese siano buone – ha attaccato Remigio Ratti – Ci si è trovati a fare i conti con qualcosa di eccezionalmente drammatico, con una fase del tutto inaspettata. L'Autorità pubblica, pensando a ciò, ha fatto tutto il possibile e, soprattutto, si è dimostrata disposta a fare ancora molto per sostenere i cittadini. La strategia adottata è sicuramente stata buona. Dinamica».
Ci saranno settori che più di altri soffriranno?
«Non possiamo credere che tutto ripartirà in blocco. Ci saranno dei cambiamenti radicali. In settori come l'edilizia si dovrà provare a recuperare il tempo perduto. In altri invece ci si dovrà reinventare. In molti dovranno pensare a un altro modo di stare sul mercato».
Tutto quello che è ristorazione e accoglienza, per esempio?
«C'è già chi si è organizzato. Io per esempio ho ordinato il pranzo di Pasqua in hotel. C'era questo servizio...».
Quella è resilienza.
«Di questo parlo. Si deve guardare come reagiscono i diversi mercati e comportarsi di conseguenza. In generale, comunque, questa crisi accelererà cambiamenti già in atto, cambiando profondamente il modo di lavorare di molti».
Un esempio?
«Penso al settore dei servizi. L'home-working era qualcosa che già c'era e che, dopo essere diventato necessario in questo periodo, prenderà sempre più piede. In molti si adegueranno a una situazione che permette di risparmiare molti costi fissi ai datori di lavoro».
Che possono quindi pensare di pagare meno un lavoratore che non dovrà più sostenere i costi relativi al raggiungimento del posto di lavoro?
«Ecco, a questo aspetto si dovrà prestare molta attenzione. Io, tuttavia, pensavo più che altro all'impatto che la diffusione del lavoro da casa avrà sull'immobiliare commerciale: serviranno meno metri quadrati per gli uffici e un domani gli appartamenti dovranno essere strutturati diversamente».
Pensati per avere un angolo-ufficio al loro interno?
«Esatto».
Questo cambiamento porterà quindi con sé delle opportunità...
«Sì, certo, ma importante sarà dimenticarsi delle nostre abitudini. Scordiamoci la crescita del passato. Certo, la Svizzera parte da una buona posizione, ma per lungo tempo non toccheremo certi livelli. Ripartiremo e potremo farlo seguendo una traiettoria soddisfacente. Ma distante da quella “precedente”. Per risalire serviranno anni».
Il classico medio-lungo termine?
«Se non ci saranno scossoni si dovranno attendere, credo, quattro o cinque anni, diciamo il 2024-2025, per tornare a una situazione più o meno stabile e positiva come quella appena chiusa».
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«Dopo un ko come questo, per pensare di avere tutti meno problemi, è importante che ognuno si dimostri responsabile. Cambieranno i consumi, con il superfluo che perderà in favore dei beni essenziali, ma è fondamentale che non si pensi di approfittare del periodo difficile».
Fare i furbi, non pagare delle fatture, potrebbe – tradotto – arrecare un danno alla collettività?
«Si dovrà agire di concerto. L'economia è un ingranaggio».
Nel quale, soprattutto dopo questa crisi, tutto dovrà essere coordinato?
«Assolutamente, i margini di manovra saranno limitatissimi».
Chiusa – si spera in fretta – la fase della pandemia, rimarrà una Svizzera dove i ricchi sono sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri?
«Dei ricchi è meglio non parlare. Non hanno grossi problemi, anche se di certo qualcuno ha perso molto in borsa. Concentriamoci sui più deboli. Le attenzioni maggiori dovranno essere riservate a coloro i quali rimarranno fuori dagli aiuti - importantissimi - che sono e saranno dati».