«Se necessario, il Consiglio Federale può prendere qualsiasi provvedimento», ha spiegato la Professoressa De Rossa.
I miliardi a sostegno di singoli e imprese sono stati erogati per bilanciare la limitazione di alcune nostre libertà fondamentali.
LUGANO - Obblighi per tentare di arginare la pandemia arrivata dalla Cina? Ne sono stati imposti molti. Si deve tuttavia essere sinceri: la Svizzera è una delle nazioni che ha lasciato più libertà, limitandosi spesso – per quanto riguarda i cittadini - a elargir consigli. Nonostante ciò, vistisi privati di qualche libertà, sono stati molti quelli che si sono lamentati. Gli over-65 per esempio: di anziani che hanno storto il naso e alzato la voce davanti al divieto di andare a far la spesa ce ne sono stati parecchi. Tenerli fuori dai supermercati? Incostituzionale. Come incostituzionale dovrebbe, per esempio, essere il blocco di cantieri e industrie.
«Incostituzionale... andiamoci piano: quello che è incostituzionale alla fino lo diranno i Tribunali, e sarà il Tribunale federale ad avere l’ultima parola – ci ha stoppato Federica De Rossa, Professoressa di diritto all'USI e Docente a Giurisprudenza all'Università di Lucerna - Ci sono opinioni secondo le quali i divieti imposti non sarebbero compatibili con la libertà personale, con la libertà economica e, per quanto riguarda la protesta di cantieri e industrie, con il diritto federale (l'ordinanza con la quale il Consiglio federale ha regolamentato questa situazione), ma a oggi i Governi federale e cantonali si stanno muovendo sulla base di deleghe previste dalla legge e saranno come detto eventuali pronunce giudiziali a stabilire se lo stiano facendo correttamente».
Per i cantieri, l'Ufficio federale della Giustizia ha detto inizialmente che l'ingiunzione imposta dal Cantone era incompatibile con il diritto federale.
«Vero. Però, appunto, lo ha detto un Ufficio federale, non un Tribunale. Non era una sentenza ma solo un parere giuridico. Tant’è vero che poi il Consiglio federale ha riconosciuto delle cosiddette “finestre di crisi”, intese a dare ai Cantoni un maggiore margine di manovra nell’adottare misure supplementari rispetto a quelle federali e a oggi i provvedimenti presi in Ticino sono tollerati».
Fino alle eventuali sentenze vale quindi il “liberi tutti”?
«Siamo in una zona grigia. Ci muoviamo tra veri e propri divieti e inviti risoluti ma non sanzionabili. Per quanto riguarda gli over-65, ad esempio, si tratta certamente di una misura molto incisiva, giuridicamente delicata. Ma guardiamola diversamente: nella misura in cui è decisa nell’esclusivo intento di proteggere la salute delle persone più vulnerabili - e ritenuto che i Comuni hanno messo in atto misure di supporto come la consegna della spesa a domicilio - uno dovrebbe far prevalere la propria responsabilità individuale e sociale e attenersi alla norma perché è convinto della sua bontà, non per paura della sanzione».
Per i cantieri?
«In questo caso vige un vero e proprio divieto di esercizio. Se un'impresa volesse comunque lavorare violerebbe quindi un esplicito disposto di una risoluzione governativa. Come con ogni altro provvedimento, l’impresa potrebbe impugnarlo in astratto andando fino al Tribunale federale, oppure chiedere una deroga e ricorrere poi contro il suo eventuale rifiuto concreto, sostenendo che esso è incompatibile con il diritto superiore. Ma nel frattempo occorre attenersi alle misure predisposte per salvaguardare la salute delle persone, ritenuto che il Paese sta stanziando aiuti finanziari importanti per tamponare le conseguenze economiche».
Come è possibile che a varare misure cosi limitative siano dei Governi?
«In situazioni normali le leggi che comportano una grave restrizione delle libertà fondamentali – che sia la libertà personale individuale dei cittadini costretti a stare in casa o la libertà economica dell'impresa costretta a sospendere le proprie attività – devono essere promulgate da un Parlamento e sottoposte a un referendum popolare facoltativo, al fine di godere della necessaria legittimità democratica. Questa è però una situazione straordinaria, che costringe a prendere decisioni rapide. Ci muoviamo nell’ambito del diritto di urgenza o di necessità, che ha una sua base generale nella nostra Costituzione: l’articolo 185, capoverso 3, che autorizza il Consiglio federale ad adottare dei provvedimenti urgenti, necessari per mantenere la sicurezza interna ed esterna del Paese. Nel caso, come questo, di una pandemia... alcuni anni fa abbiamo approvato in votazione popolare una legge specifica, la legge federale sulle epidemie, che all’art. 7 delega al Consiglio federale la facoltà di decretare la “situazione particolare” e di ordinare in seguito tutti i provvedimenti necessari per tutto il Paese o parte di esso. Questi provvedimenti verranno successivamente sottoposti all’esame delle Camere federali».
Questo significa che, in caso di emergenza maggiore, restrizioni ancora più severe sono possibili?
«Sì, se necessarie. L'articolo 7 dà al Consiglio federale la possibilità di prendere qualsiasi provvedimento, a patto che sia necessario».
E come si stabilisce il necessario?
«Secondo il principio della proporzionalità, che deve valere per ogni sacrificio di una nostra libertà fondamentale. Vanno soppesati il pericolo attuale, ovvero l'interesse pubblico a salvaguardare la salute pubblica e quella delle categorie più vulnerabili, con gli altri i diritti fondamentali dei cittadini. Tra tutte le misure possibili che possono essere prese al fine di appiattire la curva dei contagi e di ridurre il numero di decessi, occorre adottare la meno severa possibile che comunque permetta ancora di raggiungere lo scopo desiderato. Ovviamente, per salvaguardare il sistema sanitario, la più efficace sarebbe quella di vietare tutto, ma una serrata totale avrebbe conseguenze collaterali molto pesanti a livello socio-economico e quindi deve costituire l’estrema ratio. Infatti se avete notato, il Consiglio federale non ha cominciato da quel punto. Ha dapprima vietato gli assembramenti superiori alle 1'000 persone, poi ha gradualmente inasprito sempre più il distanziamento sociale e per finire ha chiuso tutte le attività non essenziali...».
Ha cominciato con imposizioni blande, sperando avessero effetto per poi ridurre gradualmente le libertà?
«Esatto. Prima la responsabilità individuale, poi le restrizioni. Cosa sta dicendo adesso il Consigliere federale Berset? “Arrivano primavera e le vacanze di Pasqua. Se la popolazione non dovesse essere abbastanza disciplinata, non è escluso il coprifuoco nel periodo pasquale”. E questa è l'espressione perfetta del principio della proporzionalità: un inasprimento graduale delle misure solo se le precedenti non si rivelano efficaci. Che può portare a restrizioni davvero incisive, è vero. Ma non dimentichiamo che, sempre nell’ottica di limitare gli effetti nocivi di simili misure, ad esse corrispondono misure di supporto importanti, finanziarie e non. Questa situazione darà comunque luogo a una serie di controversie giudiziarie e solo il futuro ci dirà, ovviamente, se le misure adottate erano veramente necessarie e se gli aiuti erogati sufficienti. Ma io mi sento per ora di dire che nessuno è infallibile, e che le nostre istituzioni sono composte da persone che stanno reagendo in maniera responsabile a una situazione inedita e davvero complessa, non solo sul piano sociale ed economico ma anche giuridico».