La storia di Maria Teresa Kessler, vittima di insonnia cronica. E con una ricaduta durante l'emergenza Covid-19.
A riportarla alla normalità, i suggerimenti del Centro di medicina del sonno dell’EOC. Lo specialista Mauro Manconi: «Il nuovo coronavirus ha fatto aumentare ansia e stress».
«Mesi e mesi di cattivo sonno. Fino alla svolta». È novembre 2018 quando per Maria Teresa Kessler, 53 anni, luganese, inizia un incubo apparentemente senza fine. Fatto di interminabili notti insonni. Attiva in un’agenzia di viaggi, Maria Teresa era la donna che non dormiva più. Rinata grazie a un percorso terapeutico, nelle settimane dell'emergenza Covid-19 ha avuto una ricaduta. «Ma sono riuscita a rialzarmi da sola. I consigli ricevuti in passato presso il Centro di medicina del sonno dell’Ente Ospedaliero Cantonale (EOC) mi sono stati utilissimi durante la pandemia».
Pazienti in crescita – La qualità del sonno influenza la salute mentale. Già lo si sapeva. Ma il legame, come dimostrato da uno studio della Flinders University di Adelaide (Australia), è emerso di prepotenza nel corso dell’emergenza Covid-19. Al Centro del sonno di Lugano di norma vengono visitati circa 2.000 pazienti all’anno. «Premetto che siamo rimasti chiusi per diverse settimane nel corso della pandemia – puntualizza il responsabile Mauro Manconi –. Inizialmente la gente sembrava avere un beneficio dalla situazione di lockdown. Col passare del tempo le cose sono cambiate».
Una condizione strana – Cosa è successo in pratica? «La durata di questa condizione strana – riprende il dottor Manconi –, unitamente all’ansia generalizzata verso qualcosa di ignoto e alle incertezze economiche, ha creato in alcuni un sentimento di stress. C’è anche chi ha perso una persona cara. Oppure chi ha sballato completamente i propri ritmi. Andando a dormire e mangiando a orari impensabili fino a pochi mesi prima».
Stanca già a inizio giornata – Qualcosa del genere è accaduto anche a Maria Teresa. «Ho avuto una ricaduta dovuta al Covid-19. Il bombardamento mediatico, il fatto di conoscere persone malate e di lavorare in un settore in difficoltà come quello dei viaggi mi ha messo in una condizione di fragilità».
Il passato che insegna – La fortuna di Maria Teresa è stata quella di avere già delle nozioni per difendersi. «Anni fa ho sofferto di insonnia cronica. Facevo molta fatica ad addormentarmi. Mi svegliavo più volte durante la notte. E al mattino mi alzavo presto. Non riposata. Ero già stanca a inizio giornata. In generale dormivo pochissimo e male. Con ripercussioni sulla mia quotidianità e anche sulla vita sociale. È a quel punto che ho deciso di rivolgermi al Centro di medicina del sonno. E mi è stato consigliato di sottopormi a un percorso di terapia cognitivo-comportamentale di gruppo».
Occhio alle nuove tecnologie – Gli esperti di tutto il mondo sono concordi. Sempre più persone oggi soffrono d’insonnia anche a causa del crescente contatto con le nuove tecnologie. Dopo le 21 si consiglia di non avere più un rapporto attivo con cellulari e computer, tanto per fare un esempio. Non è, tuttavia, l’unico fattore da tenere in considerazione.
Ansia, depressione e stress – Le statistiche indicano che in Svizzera circa il 15% della gente soffre d’insonnia. «Un percorso terapeutico può essere anche di tipo farmacologico – ammette Manconi –. Ma soprattutto di tipo cognitivo-comportamentale e igienico. L'approccio può essere sia individuale, sia di gruppo. Quest’ultimo si avvale anche di tecniche di rilassamento. In ogni caso bisogna sempre capire le origini del problema. Spesso l’assenza di sonno è riconducibile a stati d’ansia o depressione. Altre volte a condizioni transitorie di stress. Altre a problemi organici».
Buone abitudini – Maria Teresa ha scoperto che la causa scatenante della sua insonnia era riconducibile a una ragione biologica, al passare degli anni. «All’età, insomma. Ho imparato a ripulire il mio sonno, in pochi mesi. Dopo le 23-23.30 niente più televisione, niente più cellulare. Neanche un libro. Dopo quell’ora entro nella “fase ovattata”, in cui mi dedico al rilassamento. È così che si educa la propria mente a vedere il letto come un luogo in cui dormire. Sono tecniche che ho rispolverato anche durante la quarantena».
Scambio di esperienze – Il dottor Manconi constata che nuove forme di insonnia connesse al Covid-19 sono dovute anche al timore di ricominciare una nuova vita, al doversi riadattare a nuovi ritmi. «C’è anche chi si vergogna ad andare dal medico per problemi di sonno. Soprattutto dopo una pandemia. Si pensa che l’insonnia in fondo possa essere ritenuta una cosa di poco conto, rispetto a quanto hanno vissuto altri. Dimenticando come al sonno sia legata buona parte del nostro benessere quotidiano».