Nuovi dettagli sulla vicenda del 45enne accusato di avere ucciso 17 pazienti dell'ospedale Beata Vergine
MENDRISIO - Ha spento il cellulare, è uscito di casa e per una settimana si sono perse le sue tracce. L'auto è stata ritrovata giovedì a Buseno, in Val Calanca, all'ingresso di un sentiero: dopo un giorno di ricerche la polizia grigionese ha scoperto il cadavere.
Si è conclusa così la drammatica vicenda dell'infermiere dell'ospedale Beata Vergine di Mendrisio, accusato di avere ucciso 17 pazienti alterando i dosaggi dei farmaci. Il 45enne – riferisce oggi il Caffè – aveva già tentato il suicidio: prima alla Stampa, durante la carcerazione preventiva, ingerendo una sostanza usata dal personale di pulizia. E poi una seconda volta a casa della madre, dove si era trasferito una volta uscito di prigione.
Il secondo tentativo - tramite assunzione di farmaci - era quasi andato a segno. L'ex infermiere era stato salvato in extremis, con un ricovero d'urgenza al Civico. Poi aveva trascorso tre settimane all'ospedale psichiatrico di Mendrisio, ed era stato affiancato da un sostegno psichiatrico.
Ma il tormento interiore del 45enne non è mai cessato. L'uomo si era sempre professato innocente rispetto alle accuse più gravi (omicidio intenzionale ripetuto, maltrattamenti). Ora il gesto estremo chiude di fatto l'inchiesta per il reato di omicidio. La Procura ha fatto sapere che le indagini si limiteranno al coinvolgimento di una giovane collega, accusata di tentate lesioni gravi.