L'odissea di Jean-Jacques, il paziente che da tre mesi sta battagliando alla Carità dopo aver preso il coronavirus
La testimonianza della moglie Martine: «Non sottovalutate questa malattia. Mio marito era sano come un pesce. Ma ha dovuto essere intubato e gli hanno tolto tre metri di intestino».
LOCARNO - Cento giorni in un letto d’ospedale lottando contro il coronavirus. Jean-Jacques, 70 anni, ha stabilito suo malgrado un record per il Ticino. È il paziente con la degenza più lunga a La Carità di Locarno, dove è entrato lo scorso 20 marzo come Covid-19 positivo. Da lì è iniziata una via crucis che, nonostante il prodigarsi del personale sanitario, non è ancora finita. «Domani saranno passati cento giorni da quando si è sentito male a casa. Aveva la sensazione di svenire ed è intervenuta l’ambulanza» racconta la moglie Martine.
«Non sottovalutate il virus» - Oggi l’uomo sta meglio, ma è stata durissima: «Per questo ci tengo a portare la nostra testimonianza. Vi prego non sottovalutate le conseguenze di questo maledetto Covid. È una porcheria. Per noi è stato peggio di una peste». Una peste che ha colpito Jean-Jacques in rapida sequenza, prima ai polmoni e poi subito dopo all’intestino. «Mio marito è stato intubato alla Carità e poi, il 29 marzo, trasferito all’ospedale di Zurigo dove gli sono stati tolti tre metri di intestino. Era nero, perché ormai intaccato dal virus. Per tre settimane è stato lontano dal Ticino, prima di tornare all'ospedale di Locarno» racconta Martine, la quale pure negli stessi giorni di marzo è stata contagiata dal virus ma in forma più lieve. È stata comunque anche lei ospedalizzata per una settimana.
«Sano come un pesce» - «Prima di prendere il Covid, mio marito non era mai malato. Era anzi sano come un pesce - sottolinea la moglie -. Gli stessi medici non si spiegano perché abbia preso il virus in maniera così aggressiva». Nel raccontare la battaglia del marito Martine si commuove: «Sono stati cento giorni da incubo. Per fortuna i medici e le infermiere, i nostri angeli custodi, sono stati tutti bravissimi». Dopo cinque tamponi, ora Jean-Jacques è negativo, non si trova più nel reparto Covid-19 e la moglie può, giornalmente, visitarlo: «Il periodo in cui le visite in ospedale erano vietate è stato orribile - ricorda Martine -. Poter parlare solo con i medici non è la stessa cosa».
«Troppi menefreghisti in giro» - La tempra di Jean-Jacques ha resistito al “maledetto Covid”, anche se ancora oggi Martine non sa quando il marito potrà lasciare la Carità per affrontare un periodo di convalescenza e riabilitazione. «Non si sa, per tre volte è stato sul punto di venir dimesso. Ma sono subentrati problemi. Ancora oggi viene nutrito per vena - racconta -. Mio marito resta molto ottimista, ma io ci tengo a testimoniare che non è una malattia da sottovalutare. Quando giornalmente vado a visitare Jean-Jacques, che oggi non si trova più nel reparto Covid, le infermiere mi raccontano della loro fatica per obbligare i visitatori a indossare la mascherina. Purtroppo c’è troppo menefreghismo in giro».