L'ascesa al Pizzo Badile compiuta da Freya e Jackson Houlding, di 7 e 3 anni, non è un'impresa solitaria...
La scalata, compiuta sotto la sorveglianza e con l'aiuto dei genitori, è la più estrema della recente serie di ascensioni in tenera età. Il fenomeno pone interrogativi su limiti, obiettivi e sogni fissati troppo spesso dai soli adulti
BREGAGLIA - "Sempre più in alto". È una frase storica divenuta “claim” di una vecchia pubblicità di Mike Bongiorno. Ma rende al meglio l’idea di quanto i bambini del terzo millennio, nei Paesi occidentali, finiscano per essere protagonisti di gesti e comportamenti “da grandi”. Quasi da assomigliare, con le dovute distinzioni dei casi, ai loro coetanei di regioni meno sviluppate o dei loro nonni e bisnonni. E se una volta i ragazzi venivano costretti dalle esigenze familiari a lavorare, nei campi o nelle industrie, spaccato che si ripete ancor più terribilmente nel terzo mondo con lo sfruttamento minorile, al mondo d’oggi, laddove il benessere dilaga, ci sono i minori che seguono i genitori in imprese ai limiti del pericolo e lo fanno per puro diletto (loro o dei genitori, va a sapere).
Baby sul Pizzo Badile - Ultimamente ad esempio si sta affermando la moda dei baby-alpinisti o scalatori. Ha fatto molto scalpore la recente notizia di un bambino di soli tre anni, Jackson Houlding, che ha conquistato una vetta di 3.308 metri. Un vero e proprio record: secondo il quotidiano britannico Independent, sinora una vetta di tale difficoltà non era mai stata raggiunta da uno scalatore così giovane Con la sua famiglia, il padre Leo è un rinomato scalatore inglese, ha raggiunto la cima del Pizzo Badile, in Bregaglia al confine tra Italia e Svizzera. Un’impresa-baby bissata dalla presenza, insieme alla madre, dell’altra figlia della coppia, Freya, 7 anni. La sorellina di Jackson peraltro, a detta dei genitori, ha fatto tutta la scalata da sola o in cordata, a differenza del piccolo fratellino che in alcuni tratti, come dimostrano le fotografie, è stato portato in spalla dalla madre. .
Come Bonatti a 11 anni - Poche settimane prima un’altra impresa, del bimbo scozzese di soli 11 anni, Jules Molyneaux divenuto lo scalatore del Cervino più giovane della storia completando la scalata ai 4.478 metri in circa 4 ore in compagnia del padre Chris. Evento che ha impressionato l’opinione pubblica perché lo stesso padre ha ammesso che durante la scalata una persona del gruppo ha perso la vita volando per 400 metri. Il piccolo Jules, proveniente dalle highlands scozzesi, si è allenato duramente durante il lockdown: «Una bella esperienza, anche se alla fine sentivo le gambe come gelatina», ha ammesso candidamente il bimbo.
Robe dell'altro mondo - Anche dall’altra parte dell’Oceano non mancano i bimbi prodigio in quanto a vette scalate. Sul finire dello scorso anno una bambina di 9 anni di nome Pearl Johnson, nata in una famiglia di climber californiani, ha scalato la “Triple Direct“, sulla parete di granito più famosa del mondo, El Capitan, nello Stato della California, nel Parco nazionale di Yosemite. Lo ha fatto sotto la pioggia mista a grandine in compagnia della madre e di un amico, ad aspettarla in cima il padre. Pearl aveva già alle spalle una bella serie di ascese su altre e alte pareti dello Yosemite: la Cathedral Peak nei Tuolumne Meadows, fatta a 6 anni, la Royal Arches a 7 e l’Half Dome percorso a 8. Pochi mesi prima, a giugno 2019, Selah Schneiter (10 anni) ha scalato “The Nose” su El Capitan con suo padre Mike e il suo amico Mark Regier, diventando la persona più giovane al mondo a scalare il monolite di granito.
I mini scalatori riportati a terra dagli esperti
Di fronte a questi bambini prodigio i social si spaccano tra chi attacca la famiglia che spinge i figli oltre il senso del pericolo per loro età e chi grida alla libertà di scegliere le proprie aspirazioni, anche in tenera età. Ma pure tra gli esperti il dibattito incalza. La guida alpina Lucio Trucco ha sottolineato: «Non ha alcun senso portare un bambino, che è in pieno sviluppo, non ha ancora conoscenza del proprio corpo, su una montagna come il Cervino. Secondo me sono delle esasperazioni dei genitori, non del bambino che non sa neanche cos'è il Cervino». Sul fronte delle pressioni genitori-figli Lucia Montesi, psicologa psicoterapeuta, ha scritto sul web: «I genitori di oggi tendono maggiormente a identificarsi col figlio, rischiando di vederlo come una riedizione di sé, di non riconoscere e accettare la sua individualità, ma di utilizzarne la vita come campo di realizzazione personale»