Singolare iniziativa video. Anche due star del calcio internazionale faranno parte del “cast”.
Si lancia l’ottobre missionario. Protagonisti 12 residenti in Ticino. Chiara Gerosa, coordinatrice di Missio per la Svizzera Italiana: «Ognuno di noi può fare la sua parte».
LUGANO - «Eccomi, manda me». È il messaggio video che nel corso del mese di ottobre circolerà sui social network. A lanciarlo, dodici persone che vivono in Ticino o che hanno a che fare con la Svizzera italiana. Tra loro anche due vip, l’ex arbitro internazionale Massimo Busacca e l’allenatore Fabio Capello (che ha una casa nel Luganese). Qual è il senso dell’iniziativa? Tio/20Minuti lo ha chiesto a Chiara Gerosa, coordinatrice di Missio per la Svizzera Italiana.
Fabio Capello e Massimo Busacca sono pronti a fare i missionari?
«Sì, direi proprio che sono pronti a fare i missionari. Perché missionari si può essere tutti i giorni, nel proprio luogo di lavoro, con la famiglia, con gli amici. Noi immaginiamo che il missionario prenda la valigia e parta. Invece siamo tutti missionari. Le altre 10 persone della campagna sono persone comuni, che operano in ambiti diversi: dal professore di ginnastica alla mamma, alla giovane volontaria. Lo scopo è proprio quello di farci capire che tutti noi possiamo essere missionari nel luogo in cui siamo, appunto senza dovere essere per forza in una terra esotica al di là dell’Oceano».
Dalla fine degli anni '60, il mese di ottobre è considerato dalla Chiesa cattolica il mese missionario. Cosa significa in pratica?
«Il Papa ci chiede di dedicare un momento speciale dell’anno alle opere missionarie. Tutto l’anno dovremmo occuparcene. Ma a ottobre ci chiede di sensibilizzare le persone e di fare un gesto concreto per sentire insieme la dimensione universale della Chiesa».
La terza domenica di ottobre è il culmine di questa iniziativa. Cosa accade quel giorno?
«È una domenica dedicata alla colletta mondiale. Nello stesso momento in tutte le parrocchie cattoliche del mondo vengono raccolte offerte che formeranno il fondo di solidarietà della Chiesa mondiale. Un fondo che va ad aiutare quei progetti sanitari ed educativi di Chiese locali non ancora indipendenti e che non hanno legami con partner in Occidente. Si raccolgono offerte che poi vengono ripartite tra i diversi progetti dai 120 direttori di Missio nel mondo. La voce della Guinea o del Vietnam ha lo stesso peso di quella della Svizzera in questa scelta. Una scelta certamente democratica».
Quest'anno il Paese ospite è la Guinea.
«La Guinea è un Paese dell’Africa dell’ovest confrontato con tante sfide: la migrazione, la povertà, un sistema scolastico carente. Però è anche un Paese dove ho incontrato persone che hanno grande desiderio di uscire da questi problemi e che si impegnano concretamente per farlo, cercando di diventare indipendenti».
La Guinea, tra l'altro, ha un legame particolare con la Svizzera...
«Il primo vescovo di una delle tre diocesi della Guinea era Monsignor Eugène Maillat, un padre bianco giurassiano che ha dato la sua vita per questa nazione. Ancora oggi, nei due viaggi che ho avuto occasione di fare, ho visto tante tracce e ricordi del suo passaggio e del suo amore per questo popolo».
Oggi sono tante le associazioni che fanno beneficenza. La gente è anche diventata più diffidente. Perché un ticinese dovrebbe sostenere la vostra iniziativa?
«La particolarità delle nostre opere è proprio quella di favorire anche chi non ha contatti diretti con i finanziatori. Cerchiamo di arrivare anche nei luoghi dove i missionari locali lavorano incessantemente per il bene delle persone senza però essere conosciuti da noi e quindi senza avere la possibilità di trovare aiuti. È un’opera unica proprio per questa ragione».