Grande successo per la prima versione digitale della rassegna multimediale. Ecco i vincitori.
LUGANO - La prima edizione digitale del Premio Möbius Multimedia Lugano, ventiquattresima della storia della manifestazione, si è conclusa con successo. Il Grand Prix Möbius Editoria Mutante è andato a "17Doors - Le chiavi per capire, diffondere ed applicare lo sviluppo sostenibile", di Sustain&Ability, «per il valore sociale incentrato sulla divulgazione del concetto di sostenibilità, con l’auspicio che le soluzioni di comunicazione immersiva vengano percorse con sempre maggior decisione».
Il Grand Prix Möbius Suisse, è stato attribuito a "xFarm - Soluzioni per l’agricoltura digitale", di xFarm SA, con la seguente motivazione: «Favorisce la modernizzazione dell’impresa agricola, sfruttando l’innovazione tecnologica, creando una filiera moderna nell’interesse sia aziendale che generale». Dato l’alto livello dei partecipanti, la giuria ha deciso di attribuire una menzione speciale a ciascuno degli altri tre prodotti concorrenti, con le seguenti motivazioni. A "PreDiVine - Prevenire le malattie della vite", di Dolphin Engineering Sagl, in quanto «innovazione tecnologica importante per un settore agricolo rilevante dall’alto valore aggiunto in Europa e sullo scenario mondiale»; a "Agronomeet - Agricoltura digitale con impatto reale", di EnvEve SA, per il «supporto alle piccole aziende attraverso una facilitazione all’accesso al microcredito e alla agroassicurazione tramite la tecnologia»; a "RIICE - Ridurre la vulnerabilità dei piccoli coltivatori di riso", di Sarmap SA, «per il valore planetario del sistema che permette agli agricoltori e ai governi una produzione agricola integrata, che dall’origine del prodotto giunge fino alla sua assicurazione sui rischi, garantendo la riuscita e la sopravvivenza dei piccoli coltivatori di riso».
Molto apprezzato il lavoro svolto dagli studenti della SUPSI che hanno proposto, per il premio Möbius Giovani, otto contributi video sul loro vissuto personale in relazione all’emergenza Covid-19. La giuria ha premiato Andrea Dragoni per “La mia parte nascosta” con la seguente motivazione «per l’accurata ricerca delle immagini e delle inquadrature, abbinata ad un’adeguata attenzione per la scrittura e il montaggio». Inoltre, è stata attribuita una menzione speciale a “Tuo virus” di Ismaela Nicola, motivata con queste parole: «riesce a coniugare l'accorata desolazione delle immagini iniziali con l'empatia di un virus inaspettato».
Quest’anno il MöbiusLab Giovani, primo momento dell’evento, ha confermato il valore dell’iniziativa. Luca De Biase, giornalista del Sole 24Ore, fondatore di Nova24 e specialista di ecologia dei media, ha incontrato gli studenti della IIIA del Liceo 1 di Lugano, coordinati dal prof. Tiziano Moretti, per un confronto sul tema di questa edizione “Digitale e futuro del lavoro”. I video prodotti dai ragazzi sono stati il punto di partenza e la direzione è stata chiara. Il futuro digitale preoccupa per i rischi che le macchine possano sostituire gli esseri umani. Ma se è vero che il futuro non è prevedibile è anche vero che il futuro è conseguenza di ciò che facciamo, da qui l’importanza dell’analisi che siamo capaci di fare e della narrativa che ci raccontiamo. Ad esempio, le macchine non possono lavorare su determinate complessità al posto dell’umano: serve la creatività. Il dibattito, in sintesi, ci consegna il bisogno di rassicurazione delle nuove generazioni preoccupate e la responsabilità di guidare il cambiamento.
Il Möbius Incontri ha offerto nuove risposte. Patrick Balestra, giovanissimo ticinese che ha ottenuto il suo bachelor in informatica all’USI, ha raccontato, attraverso la sua storia professionale approdata a Spotify, un esempio per coniugare passione, lavoro e digitale.
Un altro punto vista di grande interesse è quello proposto da Sara Beltrame, sceneggiatrice e scrittrice, che ha descritto le fasi del progetto editoriale di “The Game – storie del mondo digitale per ragazzi avventurosi”, adattamento per un pubblico giovane del saggio The Game di Alessandro Baricco. Ne è
scaturita una ricerca appassionante di un linguaggio che coniuga digitale e analogico, “ballando al ritmo della consapevolezza”, sempre più necessaria per comprendere il presente e il futuro.
Il contesto culturale è stato illustrato dagli altri due interventi. Gino Roncaglia, professore all’università di Roma Tre, ha descritto le origini e i miti fondativi della cultura digitale; Gabriele Balbi, storico dei media all’USI, ha illustrato i nuovi modelli per imprenditori, aziende, lavoratori e le parole chiave quali individualismo, flessibilità, start-up, bontà del fallimento tra le altre, che la Silicon Valley ha introdotto nel nostro contemporaneo. Un intervento in chiave storico-critica sulla visione del lavoro proposto dalla cultura digitale.
Anche nel Möbius Dibattito si è affrontato il tema del lavoro dalle posizioni privilegiate di chi opera nei settori di punta. Marco Zaffalon, direttore scientifico dell’IDSIA, ha illustrato molte applicazioni dell’intelligenza artificiale che sono già realtà, chiarendo che per mantenere l’alta competitività raggiunta in Svizzera sono necessari ingenti investimenti. Anna Valente, Responsabile del Laboratorio Automazione, Robotica e Macchine (ARM) della SUPSI, ha descritto gli amici robot, da Uma a Grace, capaci di sostituirsi all’uomo in contesti ad alto rischio e ad alta performance. L’USI, nelle parole del rettore Boas Erez, ha da tempo incorporato il digitale all’interno dei propri corsi, non più solo come strumento operativo, ma anche come oggetto del conoscere e della ricerca. Nell’analisi dell’ex rettore dell’ETHZ, Lino Guzzella, si è ricordato che cambiamenti radicali nel mondo del lavoro si sono presentati più volte nella storia dell’umanità, quando le potenzialità offerte dalle macchine hanno trasformato o cancellato interi tipi di lavoro, ma allo stesso tempo creato nuove opportunità, che hanno richiesto alle persone di adattarsi. Per farlo diventerà fondamentale il lavoro creativo, che però dovrà essere insegnato, creando spazi dove imparare, incontrare altri e poter sperimentare e fallire senza rischi.
La mattinata del sabato è stata dedicata ai premi e introdotta da un amico del Möbius di vecchia data. Derrick de Kerckhove, psicotecnologo, ha sviluppato il discorso in due direzioni. Da un lato, per contestualizzare i tre premi, ha sottolineato il valore applicativo dei sistemi digitali al servizio dell’agricoltura. Nel contesto attuale, di rischi ecologici e sanitari, l’adozione di sistemi digitali può aiutare a tutelare il “paniere del mondo”. Ne derivano esempi illuminanti di integrazione di tecnologie umane più lente e antiche con quelle più veloci e nuove. Inoltre, abbiamo scoperto l’importanza dell’ “immersione”, durante il periodo di isolamento, in cui la gente si è trovata appunto immersa nel digitale. “Siamo come pesci nell’acqua.” Con la differenza che i pesci non hanno coscienza della loro condizione. Pertanto, i progetti di formazione immersiva diventano non solo strumenti efficaci di lavoro ma anche esperienze di consapevolezza del nostro rapporto con il digitale, percepito come contesto meno distante, più concreto. Grande interesse ha espresso de Kerckhove per le esperienze dell’isolamento viste dagli studenti della SUPSI. «Per la qualità e il cuore messi in ognuno di essi, questi cortometraggi sono molto di più di un video-selfie, sono un’autentica documentazione di un periodo che non dimenticheremo, e forse rivivremo, e che i ragazzi hanno saputo simbolizzare con autenticità».
Dall’altro lato, de Kerckhove ha affrontato il tema del futuro, chiarendo da subito che non intendeva «fare finta di essere profeta ma solo di prevedere cose già accadute». Sono tre i grandi protagonisti del futuro dell’umanità. Innanzitutto il Gemello Digitale. La copia digitalizzata dei dati lasciati, incarnata da strumenti come Alexa o Siri che raccolgono informazioni su di noi per venderle agli imprenditori. Il gemello è l’assistente veramente personale, l’accesso a tutta la memoria del mondo, frutto di una capacità di analisi dei dati inimmaginabile. In altre parole, è l’esternalizzazione dei processi di decisione che abbiamo sempre considerato interni. Poi abbiamo il 5G che, nonostante le critiche recenti, è ormai oggetto di un processo di “incoronazione” perché conferma la nostra continua necessità di dare e prendere informazioni, secondo un processo costante a due vie. Il terzo aspetto è l’evoluzione del sistema di Social Credit cinese (che classifica la reputazione dei propri cittadini), riadattato per una società fortemente individualizzata come quella occidentale. In questo modello, gli individui sono tracciati ma anche giudicati (e condannati!). Rischiamo di vivere in una società in cui saremo sempre più prigionieri e di cui, conclude de Kerckhove, dobbiamo prendere atto consapevolmente in maniera critica.
Dopo la rassegna dei prodotti in concorso, che ha destato molto interesse nel pubblico per l’alta qualità delle soluzioni presentate, si è giunti all’ultimo appuntamento della XXIV edizione, uno dei momenti più significativi
della kermesse. Immaginare il futuro del lavoro è stata una sfida lanciata da de Kerckhove e raccolta con entusiasmo da Sara Beltrame, Patrick Balestra e Gualtiero Carraro, che ha raggiunto sul palco gli altri ospiti. Per Beltrame, attenta al futuro di lavori creativi minacciati da strumenti come il GPT-3 (una tecnologia “che sa scrivere”, creatrice di contenuti strutturati), con il digitale la pressione alla performance si è allentata: l’idea di dover produrre qualcosa di perfetto è sparita. Oggi condividiamo in continuazione contenuti, a tutti i livelli. Cosa ci rimane tra le mani? Cosa significa fare un lavoro creativo oggi? L’accento va sulla relazione: la narrazione diventa un atto sociale finalizzato a tessere relazioni, un momento di condivisione del proprio essere, il nostro essere umani.
Se Balestra pensa al passato conferma che dieci anni fa il suo lavoro non esisteva. Siamo inseriti nel cambiamento. Il telelavoro, ad esempio, è una trasformazione che vediamo adesso. Fino a pochi anni fa era una rarità, comune forse solo nel mondo della tecnologia, mentre con la pandemia si è diffuso radicalmente. Quale la conseguenza per il futuro? Le aziende possono iniziare ad assumere dipendenti da tutto il mondo, senza bisogno di sedi fisiche, con tutte le conseguenze immaginabili, a partire da una maggiore competizione.
De Kerckhove, provocatoriamente, ricorda che il lavoro inizia con Adamo, dopo la cacciata dal Paradiso. Questo dà un’accezione negativa al lavoro, ma oggi i robot si stanno facendo carico di quei lavori, per lasciarci la possibilità di vivere il lavoro come un dono. D’altro canto, la figura del lavoratore, il ruolo e la forma del suo lavoro, cambiano con ogni rivoluzione, secondo un processo sempre difficile, generazionale. Col robot è ancora più complicato perché si mette in discussione il concetto stesso di lavoro, in una allarmante competizione con gli umani. Per questo molte agende socioeconomiche discutono l’idea di redditi universali ovunque nel mondo. Dobbiamo concentrarci su ciò che resta una volta espunta la concezione “adamitica” del lavoro. Il motore importante è fare cose, essere occupati, cioè pensare al concetto di occupazione piuttosto che di lavoro.
Secondo l’esperienza di Carraro, la pandemia ha promosso fiere ed eventi virtuali in ottica figital (fisico- digitale). Quindi la digitalizzazione ha permesso un aumento dei contatti al di fuori dei confini nazionali. La de-fisicizzazione ha promosso il nuovo paradigma dello smart working, del lavoro agile, come ad esempio il Job Tourism, persone che si spostano a vivere e a lavorare in posti più piacevoli.
La realtà virtuale è destinata a non essere più legata al singolo supporto, entra in internet e trascende i confini. Il Grand Prix editoria mutante di quest’anno ne è stato un esempio: applicazioni formative ibride, con lezioni classiche unite a esperienze immersive, da cui poi si ritorna nel fisico per una sintesi finale.
Infine, e su questo tutti i partecipanti si sono mostrati concordi, se le aree di eccellenza del digitale, come l’intelligenza artificiale, vanno guardate con circospezione, il monitoraggio e la consapevolezza sono i criteri che ci consentiranno di affrontare il cambiamento senza eccedere in atteggiamenti troppo pessimisti o troppo ottimisti.
Ha concluso Alessio Petralli, direttore della Fondazione Möbius Lugano, in chiusura dell’evento: «Sottolineo con soddisfazione che l’eterogeneità dei contributi, nel dare voce ai professionisti, alle giovani generazioni, agli imprenditori, oltre agli esperti di settore, ha consentito a questa edizione digitale del Möbius di fornire risposte concrete e, soprattutto, di definire criteri per leggere il presente come guida del futuro del lavoro. Ne facciamo tesoro lanciandoci con entusiasmo e spirito critico verso le venticinquesima edizione dell’anno prossimo, prevista per il 15 e 16 ottobre 2021».