In Italia si è parlato di Svizzera che nega la rianimazione agli anziani. L’intervento del dr. Paolo Merlani
LUGANO - A due giorni dalla pubblicazione sulla stampa italiana che la Svizzera negherebbe la rianimazione agli anziani malati di coronavirus, notizia rivelatasi in parte non veritiera, urge fare chiarezza sulla strumentalizzazione che è stata fatta dalla stampa italiana in merito alle disposizioni sanitarie svizzere. Chiarezza che arriva dalle parole del Prof. Dr. med. Paolo Merlani direttore sanitario dell’Ospedale di Lugano e direttore medico del Servizio di Medicina Intensiva EOC, sentito al telefono.
Il dottor Merlani ci spiega che l’argomento è già, tra l’altro, stato trattato in più occasioni, e l’informazione è da ridimensionare. «Presentata così come ha fatto la stampa italiana non è corretta». Al momento dell’ospedalizzazione del paziente, se il sistema sanitario fosse confrontato con un numero troppo grande di pazienti e non vi fossero più letti di medicina intensiva liberi sarebbe necessario decidere a chi allocare i posti rimanenti. I principi secondo cui questo avverrebbe sarebbero i principi della bioetica, cioè dell’autonomia (lasciare decidere il paziente o i suoi cari), del beneficio per il paziente, della necessità di somministrare terapie solo se necessarie per ottenere un beneficio e la giustizia distributiva (distribuire le risorse equamente). Qualora i pazienti adempiessero a tutti questi criteri, la regola che subentrerebbe sarebbe quella della maggiore probabilità di sopravvivenza. In questo senso i pochi posti disponibili andrebbero assegnati a chi ha una migliore prognosi (probabilità di sopravvivenza) a breve termine. Non si darebbero a priori i posti ai giovani e non agli anziani, ma è chiaro che i pazienti anziani spesso sono affetti anche da altre malattie, sono più fragili e hanno dunque una prognosi peggiore. L’età di per sé non è dunque un criterio; lo è piuttosto la vulnerabilità che accompagna l’età. «Dunque, se devo assegnare l’ultimo posto in ospedale e i due pazienti sono un ottantacinquenne malato con un tumore e un ventenne in buona salute, è chiaro chi ha una migliore prognosi e dunque a chi devo assegnare il letto di cure intense. Vi sono tuttavia casi più complessi, che però possono sempre essere ricondotti ad una considerazione che tenga conto della prognosi a breve termine, a dipendenza dei dettagli clinici (presenza di malattie croniche, stadio della malattia, fragilità ecc). Il documento dell’Accademia Svizzera delle Scienze Mediche mi pare molto saggio». Il professor Merlani ancora aggiunge «Il fatto che tutto questo sia messo nero su bianco, quale documento dell’Accademia Svizzera di Scienze Mediche, con la collaborazione della Società Svizzera di Medicina Intensiva, aiuta chi deve lavorare al fronte a decidere in maniera equilibrata».
Per garantire una buona decisione ci vorranno inoltre due medici esperti che dovranno prendere la decisione, condividendola. In casi particolarmente complicati è previsto che i due medici siano di due centri diversi. Il tutto verrà trascritto in modo trasparente e resterà tracciabile anche in futuro, per sapere chi ha deciso cosa e insieme a chi. «Ritengo che questa grande trasparenza sia un’ottima garanzia». Il nostro colloquio con il Professor Merlani si chiude con un’ultima affermazione, «C’è purtroppo ancora molta disinformazione; se voi giornalisti ci aiutaste a correggere questo, sarebbe veramente di grande aiuto a tutti».