Interpellanza dell’MPS al Consiglio di Stato
BELLINZONA - A casa se si presentano sintomi di una malattia acuta riconducibile al Covid-19, e tampone. Si torna al lavoro solo 48 ore dopo la cessazione dei sintomi e almeno 10 giorni dopo l’inizio degli stessi se il tampone è positivo, 24 ore se negativo. Chi è stato esposto al contagio segue le raccomandazioni di Swissnoso. Sono queste (in parte) le direttive emesse dal medico cantonale sulla gestione del personale occupato nelle strutture ospedaliere e sociosanitarie per la gestione della pandemia da Covid-19. Ma «la realtà è un’altra e in molte situazioni, sia durante la prima ondata che nella seconda, al personale è stato chiesto di lavorare in presenza delle fattispecie sopraindicate». È quanto scrivono Matteo Pronzini, Simona Arigoni e Angelica Lepori in un’interpellanza inoltrata al Consiglio di Stato.
Un modo di fare definito dal gruppo MPS-Pop-Indipendenti come «irresponsabile, irrispettoso della salute del personale e dei residenti nelle strutture» che «non può essere tollerato».
Le quattro domande dell’interpellanza:
1. Cosa sta mettendo in atto il medico cantonale per impedire che al personale ospedaliero e sociosanitario venga imposto di presentarsi al lavoro in situazioni escluse dalle sue stesse direttive?
2. Quanti sono stati i casi accertati di personale obbligato a presentarsi al lavoro con sintomi riconducibili al COVID-19?
3. Quanti sono stati i casi accertati di personale, occupato in strutture sanitarie attive unicamente in ambito elettivo, obbligato a presentarsi al lavoro con sintomi riconducibili al COVID-19?
4. A quali misure si sta concretamente pensando (e a che punto di implementazione sono) per cercare di poter far capo a nuovo personale sanitario (ad esempio: precettando parte del personale sanitario attivo in alcune cliniche private non direttamente impegnate e dirottandolo verso gli ospedali pubblici) ed evitare in questo modo il sovraccarico di lavoro o, ancora peggio, le situazioni che abbiamo qui richiamato?