Reinventarsi in un mestiere tradizionale attraverso la tecnologia. Una sfida vinta durante la pandemia
BELLINZONA - Non abbiamo ancora archiviato il 2020, ma secondo le stime della Scuola Universitaria Professionale della Svizzera nordoccidentale quest’anno i consumatori svizzeri spenderanno 13 miliardi di franchi per gli acquisti tramite i canali digitali, ovvero il 30% rispetto al 2019. E secondo i dati dell’Ufficio federale di statistica (UST), tre quarti degli svizzeri fra i 16 e i 74 anni ormai compra merce con il proprio computer, smartphone, oppure con altri dispositivi. Una tendenza questa che si immagina entrerà nelle abitudini della popolazione anche per i prossimi anni, proprio perché la pandemia e il lockdown hanno sdoganato definitivamente i canali digitali, come modalità di acquisto facile e comodo.
Per questa ragione, sempre più negozi fisici si stanno attrezzando a mostrare le proprie collezioni sui canali social, sfruttando ad ampio spettro le opportunità di dialogo e conversazioni che si possono attivare anche tramite Instagram o Facebook. È il caso di Antonella e Mary, che con la loro boutique Alibi, aperta da 25 anni a Bellinzona, stanno utilizzando le loro competenze di personal shopper anche sulla rete. Lo consideriamo un esempio virtuoso di #storievisionarie, declinate nel commercio.
Antonella, cosa ha significato per voi lo scorso marzo chiudere le vetrine e non poter più incontrare dal vivo le vostre clienti? Dopo l’iniziale smarrimento come vi siete organizzate per proporre i vostri outfit sui canali social?
«È stato molto triste ed eravamo preoccupate. Io ero in malattia per un intervento che avevo subito qualche settimana prima, quindi era Mary che si adoperava per fotografarsi a casa sua con outfit piuttosto che accessori da postare sui social. E poi consegnava i pacchi a domicilio nel bellinzonese, o spediva per il resto della Svizzera. I quasi due mesi di chiusura forzata a lei son volati...»
Siete molto attive soprattutto su Instagram tramite foto in cui indossate direttamente i prodotti che vendete. Quanto è apprezzata la vostra capacità di suggerire abbinamenti e stile in questa modalità a distanza?
«A sorpresa notiamo che alle nostre clienti (e non solo) fa molto piacere e molte ci contattano anche in privato chiedendo informazioni o consigli».
Come è andata la vostra stagione dal punto di vista delle vendite? Ovvero, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno avete perso o mantenuto clienti e fatturato?
«In termini di fatturato abbiamo subito un calo, d'altra parte anche il costo della materia prima in una certa misura è diminuito. Avremmo apprezzato, come tutti gli altri commerci, che anche gli altri costi fissi fossero andati in questa direzione e non solo per il periodo del lockdown. Le clienti, per fortuna, sono rimaste tutte! Alcune un attimo in stand bye durante il periodo di chiusura, ma le abbiamo poi ritrovate all'apertura e inoltre ne abbiamo acquisite di nuove».
Cosa vi ha stupito nell’interazione con le clienti tramite i canali social e cosa fa ancora la differenza nel rapporto fisico, dentro il negozio?
«Non credevamo di riuscire, tramite Instagram piuttosto che Facebook o WhatsApp, a far "arrivare" il nostro stile e a dare consigli. A nostro parere, però, i canali social non potranno mai sostituire il contatto diretto, sia con le persone sia con i vari tessuti presenti in boutique, l'empatia che si crea con le clienti affezionate e la possibilità di interagire e confrontarsi su tutti i temi della vita...chi ama questo, come noi, continuerà a frequentare le boutique».