Se da "sinistra" c'è delusione per le due bocciature, i partiti di destra si dicono felici del risultato
LUGANO - Non tardano ad arrivare le prime reazioni in merito alla doppia bocciatura delle due iniziative "Per imprese responsabili" (che il Ticino aveva invece accolto con il 54,2% dei consensi) e “Per il divieto di finanziare i produttori di materiale bellico” (bocciata dal 55,2% dei ticinesi).
PS: «Doppia delusione» - «Una doppia delusione», per il PS Ticino che, tuttavia, si trova a constatare come la metà degli elettori, compresi quelli del canton Ticino, non voglia «più vedere le aziende svizzere violare i diritti umani e distruggere l'ambiente all'estero senza subire nessuna conseguenza».
Per il PS è chiaro che il No di oggi «non è un lasciapassare gratuito per le grandi imprese svizzere e si impegnerà affinché esse rispettino le regole e assumano la loro responsabilità!».
Per quanto riguarda il No all'iniziativa sul commercio bellico «un voto positivo avrebbe contribuito a creare un mondo più pacifico», dichiara il co-presidente del PS Ticino Fabrizio Sirica. «Il denaro della Svizzera continuerà così a cofinanziare le guerre di questo mondo. Non ci dovremo quindi sorprendere se molte persone si vedranno ancora costrette a fuggire dalle zone di guerra», conclude.
UDC: «Scongiurato gravi danni» - Di tutt'altro avviso è l'UDC, che si rallegra per il rigetto delle iniziative «dell’estrema sinistra». «Le cittadine e i cittadini - si sottolinea in una nota stampa - hanno così scongiurato gravi danni alle imprese svizzere e agli istituti di previdenza. Del fatto che il risultato sia stato di misura, sono corresponsabili alcune associazioni economiche, prima fra tutti Economiesuisse: questa è la fattura che paghiamo perché non osano distanziarsi con coraggio dai rossoverdi».
L’UDC prende atto con sollievo anche del NO all’iniziativa "Per il divieto di finanziare i produttori di materiale bellico". «Le cittadine e i cittadini hanno così rafforzato la sicurezza della Svizzera e inflitto uno scacco a chi vorrebbe abolire l’esercito. Perché questo è e rimane l’obiettivo finale del Gruppo per una Svizzera senza Esercito (GSsE), che aveva lanciato questa iniziativa».
PPD tra i due fuochi - Tra i due fuochi il PPD. Se da una parte prende atto «con dispiacere» della bocciatura dell’iniziativa sulle imprese e si auspica che il controprogetto «possa soddisfare le richieste dell'iniziativa e non resti solo un buon auspicio»; per quanto riguarda il finanziamento du materiale bellico si dice «soddisfatto». «I cittadini hanno compreso che gli strumenti proposti dall’iniziativa erano estremi. La Svizzera infatti vieta già oggi il finanziamento diretto di materiale bellico», conclude.
Obbiettivi nobili, ma non così - «La maggioranza del popolo e dei Cantoni ha fortunatamente respinto la pericolosa iniziativa “Per il divieto di finanziare i produttori di materiale bellico”», sottolinea invece Marco Martino, Coordinatore del comitato interpartitico cantonale. «Il Gruppo per una Svizzera senza Esercito (GSsE) ha provato per l’ennesima volta ad indebolire l’Esercito svizzero, ma anche questa volta senza successo», prosegue.
«L’iniziativa - prosegue Martino - aveva sicuramente dei nobili obiettivi, come un mondo più pacifico e la lotta alle principali cause di migrazioni forzate. Tuttavia, gli strumenti per realizzarli erano sbagliati e si spingevano troppo oltre. La quota rigida del 5% avrebbe reso più costoso l’investimento di denaro della nostra previdenza per la vecchiaia e avrebbe gettato a mare le comprovate strategie d’investimento dei regimi pensionistici statali e professionali. Le richieste estreme del GSsE avrebbero causato molti problemi, come la limitazione degli i vestimenti e il considerevole aumento della burocrazia e dei costi. Le nostre rendite sarebbero, inoltre, diventate più incerte, in un momento in cui le nostre pensioni si trovano di fronte a grandi sfide».
Martino ha poi parlato con soddisfazione anche del respingimento dell'iniziativa "Per imprese responsabili": «L'iniziativa avrebbe rappresentato un boomerang sia per i
paesi terzi in cui le nostre imprese operano, che per la stessa piazza economica della Svizzera. Tutto questo proprio nel bel mezzo della peggior crisi economica degli ultimi decenni».
L'iniziativa, secondo Martino, avrebbe avuto «gravi conseguenze sia nei paesi terzi in cui le nostre imprese operano che in Svizzera». «Ma fortunatamente», ha concluso Martino, «il popolo non si è lasciato ingannare da un testo dell’iniziativa che non lasciava spazio ad interpretazioni».