Il Covid potrà fare bene al mondo del lavoro? Lo dice Elisabetta De Antoni, specialista in risorse umane.
Un recente studio evidenzia nuovi trend: si cercano smart working e clima gratificante. Guarda la video intervista su piazzaticino.ch
LUGANO - Per chi si trova a dovere cercare lavoro, quello attuale è di certo un momentaccio. Lo indicano anche i dati relativi alla disoccupazione: Svizzera col 3,3%, e Ticino col 3,6%. Eppure c'è chi vede il bicchiere mezzo pieno. È il caso di Elisabetta De Antoni, ospite di piazzaticino.ch. Specialista in risorse umane, De Antoni cita un recente studio effettuato dalla multinazionale per cui lavora, la Randstad, che ha sede anche a Lugano. «Stanno emergendo nuovi trend. Molto positivi. Chi cerca lavoro non va più a caccia solo di uno stipendio buono».
Ci spieghi...
«Sono state intervistate circa 7.000 persone in tutta la Svizzera. Tante cercano un ambiente di lavoro in cui si ha cura del benessere del dipendente. Ricerche di mercato, come ad esempio quelle di Gallup o di KPMG, dimostrano come un dipendente felice si assenti mediamente 15 giorni in meno durante l'anno».
Nel vostro studio date molto peso alla questione dello smart working e lo distinguete dal lavoro in remoto. Perché?
«Perché sono due concetti diversi. Il lavoro in remoto presuppone che tu faccia a casa quello che fai nel tuo ufficio. Mantenendo tutti i parametri, gli orari e i controlli. Lo smart working si basa su un compromesso tra datore di lavoro e dipendente, con un livello di fiducia alto. Si lavora su obiettivi, non per forza seguendo gli orari classici. Le modalità e i tempi li decide il dipendente».
Non è un discorso utopistico?
«No. Ci sono aziende più preparate rispetto ad altre. Si tratta di un cambiamento culturale. Bisogna capire quali sono le dinamiche che possono farlo scattare all'interno di un'azienda. Se non sei attrattivo dal punto di vista del benessere che offri ai dipendenti, i lavoratori in gamba non li attiri o non li trattieni».
Perché questi dati emergono in un'epoca così difficile?
«Lo studio si riferisce al 2019 e a un pezzo del 2020. A cavallo tra il periodo che ha preceduto la pandemia e l'inizio della pandemia stessa. Col Covid, queste tendenze saranno ancora più marcate. I lavoratori, soprattutto i più giovani, si stanno abituando a lavorare da casa e a dare peso agli aspetti legati al benessere personale, questo sta diventando un nuovo modello di lavoro».
Si parla di giovani lavoratori. Ma gli over 50 continuano a fare una fatica terribile per reinserirsi.
«Solitamente, di fronte a un over 50, ci sono due tipi di paure. Si teme di assumere qualcuno che si accontenti. E che dunque si possa demotivare in poco tempo. Oppure si teme che il candidato maturo non sappia adattarsi in tempi rapidi all'azienda. Il candidato over 50 deve lavorare molto su questi aspetti».
Certo. Ma sugli annunci di lavoro si continua a leggere che si cercano giovani con esperienza. Per un over 50 è deprimente.
«Eppure non è impossibile inserire un over 50 nel mondo del lavoro. Ci è capitato anche di recente, con due casi. Bisogna valorizzare le competenze degli over 50 e scardinare una determinata mentalità nelle aziende. Vuoi assumere un candidato di 25 anni? Ma sei sicuro che tra due anni voglia ancora stare da te? Un over 50 garantisce anche stabilità».
Diamo uno sguardo al 2021. Quali sono le proiezioni? In questo momento non va tanto bene il mercato...
«Io dissento. Da agosto in avanti abbiamo notato una ripresa in alcuni settori. Per i settori degli alimentari, della logistica o del farmaceutico continuiamo a ricevere richieste. Qualcuno si sta pure reinventando. Le recenti proiezioni relative al Prodotto Interno Lordo indicano che con l'arrivo del vaccino anti Covid, soprattutto nella seconda parte del 2021, dovrebbe esserci una bella ripresa».