La Clinica Luganese ha condotto uno studio su un gruppo di malati Covid. Seguendoli a mesi di distanza dal contagio
LUGANO - Cosa succede ai positivi dopo tre, sei, dodici mesi? Quali strascichi lascia il virus? La Clinica Moncucco ha condotto uno studio su un gruppo di pazienti ticinesi, ricoverati per Covid nella struttura durante la prima ondata.
L'indagine - promossa dall'Inselspital di Berna - è stata coordinata dal direttore sanitario Christian Garzoni e dai medici pneumologi Bruno Naccini e Daniela Manta. Il campione di pazienti è stato «sottoposto a controlli clinici a scadenze regolari dopo la risoluzione dei sintomi della malattia per studiarne le conseguenze» spiega Garzoni. «Si tratta pertanto di uno studio di osservazione e di valutazione del decorso di questi pazienti».
I primi risultati? A livello polmonare, nei tre mesi successivi la malattia «si segnala la persistenza di stanchezza cronica e di difficoltà respiratoria di varia entità» precisa il dottor Naccini. «Si riscontrano anche una perdita della massa muscolare, una capacità polmonare ridotta di un terzo rispetto alla condizione pre-Covid, delle embolie con quadri di diversa gravità e difetti di coagulazione del sangue».
Le Tac mostrano spesso un'infiammazione del polmone, «spesso molto estesa e che ne compromette la funzionalità» aggiunge la dottoressa Manta. Il cosiddetto vetro smerigliato «è facilmente riconoscibile e caratterizza gli ammalati di Covid». A distanza di sei mesi dalla malattia, i pneumologi possono costatare un sensibile miglioramento delle condizioni dei pazienti. «Il tempo consente di regola un buon recupero» sottolinea Naccini. «La grande stanchezza e le difficoltà respiratorie fortunatamente si affievoliscono sempre più con il passare dei mesi».
Con il tempo però si riscontrano a volte cicatrici nel tessuto polmonare, che possono essere «piccole o molto estese» aggiunge Naccini. «L’osservazione dei pazienti nell’arco di dodici mesi ci fornirà maggiori informazioni sull’evoluzione di tali ferite».