Il Tribunale federale riapre un caso risalente al 2008 e annulla la condanna dell'allora gerente del Corona
Bacchettata anche la Corte di appello e di revisione penale: «I giudici cantonali - secondo la sentenza del TF - hanno violato il diritto federale»
LUGANO - A dodici anni dai fatti contestati è tutto da rifare o quasi. Con un colpo di spugna il Tribunale federale ha annullato la condanna per ripetuto promovimento della prostituzione dell’allora gerente del bar Corona, nonché gestore dell’affittacamere annesso al locale erotico. Decisiva per la massima istanza è stata la violazione da parte del Ministero Pubblico del diritto al contraddittorio. In pratica, violando il diritto federale, all’imputato - difeso dall’avvocato Marco Garbani - è stata negata in fase istruttoria la possibilità di controinterrogare tramite il proprio legale i testimoni dell’accusa. Nella vicenda c'era un secondo coimputato, di cui non abbiamo potuto accertare l'esito del ricorso (ma è presumibile sia stato accolto per le stesse motivazioni).
I decreti di accusa dieci anni dopo - Erano state undici le persone, di cui una decina di prostitute, chiamate a deporre in istruttoria nel 2008. Il caso venne ripreso dall'allora Procuratore generale John Noseda, che nel febbraio 2017 spiccò due decreti d’accusa (sotto inchiesta era finito anche il gerente dell’affittacamere) nei confronti dei due imputati per avere «a Pambio Noranco, nel periodo dal 1. gennaio 2007 al 19 maggio 2008, agendo in correità tra di loro, ripetutamente leso la libertà di azione di numerose donne dedite all’esercizio della prostituzione, sorvegliandole nella loro attività, imponendo loro il luogo, il tempo, la durata e altre modalità inerenti all’esercizio della prostituzione».
Le condanne - Tenuto conto del lungo tempo trascorso dai reati contestati e della violazione del principio della celerità, il giudice di primo grado aveva condannato il gerente del Corona a una pena pecuniaria sospesa di 90 aliquote giornaliere per complessivi 3’600 franchi, dedotta la carcerazione preventiva sofferta, e a una multa di 700 franchi. Pena ulteriormente ridotta a 80 aliquote dalla Corte di appello e di revisione penale (CARP). L'altro imputato aveva ricevuto in primo grado una pena di 90 aliquote per complessivi 6'300 franchi e una multa di 1'200 franchi.
La motivazione - La critica più pesante al lavoro degli inquirenti arriva però da Losanna che ha accolto il ricorso dell’avvocato Marco Garbani. I giudici hanno accertato la violazione dell’art. 147 del CPP, che regola il diritto delle parti di partecipare all’assunzione delle prove. Spina dorsale dell’accusa erano state le deposizioni di undici prostitute, ma - come evidenzia la sentenza del 9 febbraio scorso - «non risulta che l’imputato o il suo patrocinatore abbiano partecipato agli interrogatori delle succitate persone dinanzi alla polizia e al Ministero pubblico». Una violazione che si è perpetuata in aula di tribunale, nonostante l’esplicita richiesta da parte del patrocinatore di interrogare in contraddittorio le testimoni. La CARP risulta inoltre essersi oltremodo contraddetta in quanto - pur rifiutando di interrogare i testi quali non necessari - li aveva citati nella sentenza.
Violato il diritto federale - Un errore che ha portato all’annullamento della condanna al rinvio della causa alla CARP: «Valutando a carico del ricorrente le dichiarazioni rilasciate dalla suddette persone, senza che egli abbia potuto partecipare agli interrogatori e porre loro domande, i giudici cantonali hanno pertanto violato il diritto federale». La stessa sentenza ha fissato un’indennità di 3’000 franchi che lo Stato del Cantone Ticino rifonderà al ricorrente. Quanto alla sentenza rappresenta un chiaro monito al rispetto del contradditorio.