Frate Agostino Del Pietro racconta il soggiorno di Günter Tschanun tra i frati Cappuccini
Il segreto tenuto per vent'anni. Nel 2001 l'ex detenuto aveva bisogno di un rifugio tranquillo dove "sparire". «Rispettoso e umano. Voleva imparare l'italiano».
LUGANO - Frate Agostino ha la barba lunga come i suoi anni (64) ma non come la memoria, purtroppo, specie quando si tratta di segreti delicati. «Ero nel convento, sì, in quell'anno, ma...». Il nome di Günther Tschanun non dice niente all'ex priore dei Cappuccini di Lugano: è passato un quinto di secolo da quando il pluri-omicida zurighese, scontata la pena, si trasferì in Ticino per iniziare una nuova vita. E bussò proprio alla porta del convento in cima alla Salita dei Frati.
Rivelazioni post-mortem - «Cosa vuole, dopo vent'anni». Funziona meglio la falsa identità del condannato: Claudio Trentinaglia. «Questo sì, mi dice qualcosa». L'eco mediatica del caso-Tschanun, che da settimana scorsa rimbalza su giornali e tv in tutta la Svizzera, non è arrivata fino al Santuario della Madonna del sasso: qui frate Agostino Del Pietro si è trasferito, dopo la chiusura del convento di Lugano. Due anni fa ha ceduto la guida dell'ordine e vive ritirato tra l'orto e la biblioteca. Non sa niente - dice - della vicenda.
La telefonata da Zurigo - La notizia della morte di uno dei più famosi assassini svizzeri - in un incidente in bici a Losone, nel 2015 - ha innescato una serie di rivelazioni nei giorni scorsi. Anche frate Agostino, dopo essersi preso qualche ora per riflettere (e aggiornarsi), fa la sua: «In effetti lo accogliemmo nella nostra comunità, è vero». A tio.ch/20minuti il religioso racconta di essere stato «contattato per telefono da un funzionario di Zurigo, non ricordo più di quale ufficio» agli inizi del 2001. La richiesta era delicata. «Mi chiese se potevamo ospitare questa persona». Dopo alcuni giorni Tschanun alias Trentinaglia viene accompagnato nel convento e inizia la sua nuova vita, in segreto.
Un ospite rispettoso - «Non parlava molto di sé, passava il tempo in giardino e a seguire corsi di italiano. Era molto motivato e rispettoso» ricorda il cappuccino. Della vita conventuale sembra che il pregiudicato abbia condiviso più i pasti - «tutti insieme, in raccoglimento» - che le preghiere - «qualche volta, forse» - ma Del Pietro ricorda «dei contatti molto umani e aperti» con i frati. «Praticava con noi l'italiano. Solo un paio di volte, forse, ha accennato al suo turbamento e al passato».
Massima discrezione - Ma la memoria del frate tentenna di nuovo. «È passato troppo tempo». Torna solo a barlumi: «Devo essere onesto, sapevo chi era» confida. «Ma mi era stata raccomandata la massima segretezza, anche con gli altri frati. A Zurigo si temeva molto che il nome venisse fuori». L'ex detenuto aveva bisogno di "sparire" per un po' e dopo circa un anno «ci disse che si sentiva pronto a tentare la vita all'esterno, che aveva trovato una casa, forse una donna». Qui il ricordo sfuma nella cronaca. «Forse parlò di una donna». E si chiude nel giudizio sereno: «Penso che una persona possa redimersi anche dalle cose più brutte. Che lui avesse avuto modo di riflettere e ravvedersi» conclude frate Agostino. «Sembrava una persona tranquilla, e con buoni propositi».