Chiusi per mesi, riaperti con limiti insostenibili e poi sfrattati. Ma non soddisfano i requisiti dei casi di rigore.
Emblematico il caso del parco giochi indoor Fantasilandia, che lotta per rimanere vivo. «Se nessuno ci aiuta l’unica alternativa è il fallimento».
CADEMPINO - Un’azienda pensata per le famiglie, unica nel suo genere in Ticino. Piegata dalla pandemia, da un locatore definito «intransigente» e dagli aiuti negati. Fantasilandia, parco giochi indoor per bambini, aveva sede a Cadempino e operava dal 2018 quando la crisi sanitaria ha preso il sopravvento. I gerenti hanno ora inviato un appello al Consiglio di Stato.
La pandemia - La prima chiusura forzata è arrivata il 12 marzo 2020 e si è protratta fino al 6 di giugno, spiegano i gerenti Carlotta Cooper e Vincenzo De Biasi. Con la riapertura, avvenuta già in periodo di bassa stagione per il settore, l’azienda ha poi dovuto sottostare a limitazioni importanti relative all’utenza, soprattutto a partire da ottobre. «Noi viviamo soprattutto di feste di compleanno, e se arrivava anche solo qualche bambino con i rispettivi genitori, eravamo già oltre il quorum», così Cooper. Da qui i problemi di solvenza, che hanno impedito loro di coprire per intero i costi di affitto dello stabile: «Pagavamo quello che potevamo, ma il nostro locatore non ne ha voluto sapere, e ci ha presentato la notifica di sfratto a fine settembre per il 31 ottobre 2020».
Uno stop consapevole - Una decisione, quella del locatore, che i gestori di Fantasilandia hanno deciso, dopo attenta riflessione, di non contestare: «La situazione epidemiologica era in peggioramento, e sospettavamo che le autorità ci avrebbero fatto richiudere da lì a poco. Cosa che è poi successa. Abbiamo avuto la saggezza di non impegnarci con contratti di affitto che non saremmo stati in grado di onorare, e abbiamo preferito rimanere fermi, mettendo tutto in un magazzino e cercando una nuova struttura, con l’intento di riaprire al 100% quando avessimo potuto farlo». Una decisione che gli si sarebbe però ritorta contro.
Regolamenti inflessibili - La legislazione relativa ai casi di rigore prevede infatti la concessione di aiuti solo in due casi specifici: nel caso le autorità abbiano ordinato una chiusura di 40 giorni o più a partire dal 1° novembre 2020, o nel caso l’azienda abbia fatto registrare per 12 mesi consecutivi, a partire dal 1° gennaio 2020, una perdita del fatturato di almeno il 40% rispetto alla media degli anni pre-pandemici. E, in virtù del fatto che l’attività dell’azienda si è interrotta a partire dal 31 ottobre, Fantasilandia non risponde a nessuna delle due condizioni quadro, confermano le autorità cantonali preposte. L’azienda è così stata abbandonata a sé stessa, intrappolata nella rigidità di regolamenti che non lasciano margine di manovra. Amare le parole di Carlotta Cooper: «Se nessuno ci aiuta l’unica alternativa è il fallimento. E la nostra azienda, quando lavoravamo, era più che sana».
In fumo i risparmi di una vita - Secondo le norme Covid attualmente in vigore, Fantasilandia potrebbe ora tornare a operare, ma il problema è diventato un altro: «Non abbiamo più riserve per rimontare tutto, rifornire il bar e assicurare le strutture di gioco. E nel frattempo continuiamo ad avere costi fissi, tra spese di affitto del magazzino e oneri sociali». Spese, specifica Cooper, che lei e il suo socio stanno pagando attraverso l’indennità di perdita di guadagno, «visto che abbiamo esaurito, a 50 anni, tutti i nostri risparmi».