La drammatica Odissea della 35enne Chantal Lemma. E il suo sfogo in una commovente biografia.
«Il mio uomo mi denigrava e mi colpiva sui miei punti più deboli», racconta. La specialista Kathya Bonatti: «Il partner manipolatore è abile nel farti sentire sempre nel torto».
LUGANO - Una relazione di cinque anni e mezzo. Un’escalation di violenza, soprattutto psicologica. È quanto ha vissuto Chantal Lemma, 35enne luganese, autrice del libro "La prigione senza sbarre", un’autopubblicazione uscita di recente. Un doloroso racconto autobiografico che ha un solo scopo. «Dare la forza di reagire a chi non ce l’ha», sostiene l’autrice che è anche presidente della neonata associazione Bellatrix.
Il coraggio di denunciare – I dati dell’Ufficio federale di statistica evidenziano che ogni due settimane mediamente una donna viene uccisa tra le mura domestiche. E anche se i dati non sono recentissimi, il 2021 conferma il triste trend. Chantal ha deciso coraggiosamente di uscire allo scoperto. «Certi uomini sono davvero capaci di manipolarti, colpendoti sui tuoi lati più fragili. A me è successo. Ho avuto il coraggio di denunciarlo. E oggi lui non si può più avvicinare a me. Denunciare è sempre la cosa giusta».
Un lungo calvario – Prima di arrivare a questa decisione, però, Chantal ha attraversato un calvario infinito. Il primo anno di relazione scivola via abbastanza bene. È con la convivenza che subentrano i problemi. «Lui inizialmente incarnava un po’ il mio ideale di uomo di famiglia. Mi sbagliavo. A un certo punto ha cominciato a denigrarmi fisicamente. È stato un crescendo. Mi dava della cicciona, mi diceva che non avrei trovato mai nessuno al di fuori di lui».
Toni spregiativi – Ma c’è un altro aspetto su cui la 35enne è stata colpita. «Io avevo già avuto una relazione importante precedente, da cui avevo avuto un figlio. Con questo nuovo compagno poi era nata una bimba. Ogni volta che cercavo di staccarmi lui se ne usciva con frasi del tipo “ecco, mandi in rovina un’altra famiglia”. E allora io me ne stavo lì, buona. Ricordo ancora i toni. Parecchio spregiativi. Mi diceva spesso che facevo schifo. E io mi sentivo ingabbiata».
Un'amica su cui contare – Dalla violenza psicologica si passa a quella fisica. «Lui è passato alle vie di fatto più di una volta. Certo, non mi ha mai conciato da sbattere via. Perché reagivo. Ma ricordo uno schiaffo e diversi spintoni. Più volte avevo fatto il suo nome in polizia. L’ultima grande lite è arrivata a inizio 2021. E a quel punto le autorità hanno preso una decisione definitiva. Io ho avuto la fortuna di potere contare su un’amica, che nel libro chiamo Bellatrix. Ma ci sono persone che quest’amica non ce l’hanno. Ecco perché abbiamo fondato l’associazione. Affinché chi è in difficoltà possa trovare un appiglio».
La voce dell'esperta – «Le manipolazioni non cominciano mai in maniera negativa – sostiene Kathya Bonatti, esperta in sessuologia e autrice di “Partner manipolatori” –. I manipolatori hanno la capacità iniziale di nutrire i bisogni dell’altro. Hanno le antenne per capire se la vittima è manipolabile. L’altra persona si sente al sicuro. E appena abbassa le difese, subentrano le denigrazioni. Una delle paure più grandi di tutti gli esseri umani è la solitudine. E il manipolatore lavora molto su questi aspetti».
Senso di colpa – La specialista aggiunge: «Ci sono persone che arrivano a sentirsi tremendamente in colpa a causa di un partner manipolatore. Perché il manipolatore su più fronti ti fa passare dalla parte del torto. L’amore sano fa stare bene. Se una persona sente che ci sono più note stonate che intonate nella propria relazione è giusto iniziare a preoccuparsi. Il corpo dice sempre la verità. Se c’è una sensazione di disagio, è importante reagire. Anche per la propria autostima. Perché spesso le persone più facilmente manipolabili partono proprio da un basso livello di autostima».
«Anche il manipolatore andrebbe aiutato» – Bonatti infine applaude il coraggio di Chantal Lemma. «È stata capace di voltare pagina. E ora aiuta anche altre persone che si trovano vittime di manipolazione. È un grande esempio. Non bisogna avere vergogna a rivolgersi a un professionista o a un’associazione. È un atto di amore verso sé stessi. Vorrei comunque che non si dimenticasse un aspetto. Anche il carnefice dovrebbe essere aiutato. Spesso il manipolatore non si rende conto di esserlo. Tante volte è condizionato dal suo passato, dalla sua infanzia. E crede di essere nel giusto. Ecco perché è importante parlarne pubblicamente. Per evitare situazioni estreme».