Alla SUPSI è in corso una rivolta silenziosa. Una raccolta firme contro il Certificato Covid. Le voci dei protagonisti.
Intanto il direttore Franco Gervasoni spiega: «Tempi ristretti. Ma saremo attenti a ogni singola esigenza». Manuele Bertoli, direttore del DECS: «Questo obbligo non piace nemmeno a me. Ma...»
MANNO/ LOCARNO - No all'obbligo di Certificato Covid alla SUPSI. Hanno superato quota 2'000 le firme della petizione online aperta a tutti lanciata da alcuni studenti delle varie sedi della Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana.
E mentre la direzione ha annunciato che il tampone sarà gratuito almeno fino alla fine di ottobre per permettere agli allievi di vaccinarsi, c'è comunque chi non ci sta. Giovani viziati e pretenziosi? Qualcuno potrebbe pensarla così. Ma 2'000 firme, pur considerando che molte non verranno da studenti, sono tante. Tio/20Minuti ha cercato di capire concretamente cosa sta dietro a questo disagio.
Problemi di salute – Il nostro viaggio tra gli studenti inizia con una giovane che ammette di avere paura della vaccinazione perché affetta da problemi di salute. «Solo che non trovo medici che siano disposti a farmi un certificato per esentarmi dal vaccino. Per me questa situazione è un incubo. Sognavo di accedere alla SUPSI da anni, per diventare docente. E ora che ce l'ho fatta mi sento smarrita. Sono una persona diligente. Sono disposta a rinunciare alla vita sociale e ai divertimenti finché la pandemia non sarà davvero sotto controllo. Chiedo solo il diritto all'istruzione senza essere etichettata come irresponsabile».
Chi pagherà i tamponi? – Un altro studente, iscritto a una sede del Sottoceneri, è amareggiato: «È stato detto che nessuno sarà escluso dalla formazione. A patto però che ci si vaccini. Infatti i tamponi saranno gratuiti solo per coloro che sono dichiaratamente in procinto di vaccinarsi. Sono richiesti tamponi ogni due giorni. Io non mi sento ancora pronto. Ho dei timori. Come farò da novembre in avanti? Dovrò spendere 150 franchi a settimana in tamponi? La didattica a distanza probabilmente non sarà consentita ai non vaccinati».
«Esempi che non incoraggiano» – C'è anche chi sostiene di non avere bisogno del vaccino. Come un ragazzo di 25 anni che, come gli altri, chiede di restare anonimo per evitare ripercussioni. «Penso di avere un sistema immunitario buono. Ho uno stile di vita sano e rispetto le regole. Ho sempre la mascherina con me e non frequento luoghi particolarmente affollati. È una questione di principio e di libertà individuale. Un obbligo generalizzato per un vaccino ancora sperimentale è assolutamente inadeguato. Sentire che diversi esponenti del mondo sanitario o alcuni politici non si sono fatti vaccinare non rappresenta certo un incentivo. Se non lo hanno fatto loro, perché devo farlo io?»
«Volevamo tornare in presenza» – La petizione finirà sulle scrivanie del DECS. E va specificato un aspetto: il fatto che fosse aperta a tutti (e non solo chi è all’interno della SUPSI) la rende probabilmente meno attendibile. «I nostri studenti – precisa Franco Gervasoni, direttore generale della SUPSI – sono circa 4.000. La petizione numericamente non rispecchia la percentuale di scontenti. Non per questo va sottovalutata. Anzi. Siamo attenti a ogni singola situazione personale. In particolare pensando a chi non può vaccinarsi per ragioni mediche. Dobbiamo però ragionare nell’ottica del ritorno all’insegnamento in presenza. È un bisogno di tutti. E l’unica possibilità per raggiungerlo è il Certificato Covid. Non avevamo scelta».
«Preferiamo essere accusati di eccessiva prudenza» – Gervasoni è preoccupato. Sia per i tempi ristretti, sia per l’avvicinarsi di ottobre che si preannuncia come il mese della verità anche a livello epidemiologico. «Abbiamo deciso che almeno fino alla fine di ottobre gli studenti dovranno indossare la mascherina durante le lezioni. Preferiamo essere accusati di eccessiva prudenza piuttosto che di scarsa prevenzione. Tutte le università svizzere, salvo eccezioni, vanno in questa direzione. Al momento ci siamo limitati a dare informazioni certe. Chi si è messo sulla via della vaccinazione sarà sostenuto economicamente quando farà i tamponi. Per quanto riguarda chi non vuole o non può vaccinarsi si valuteranno altre soluzioni. Siamo comunque molto aperti. Il fatto è che i tempi sono ristretti e dobbiamo pensare veramente a tante cose».
La voce del DECS – Manuele Bertoli, direttore del Dipartimento dell'educazione (DECS) e presidente del Governo ticinese, resta in attesa. «Prenderò atto della petizione quando verrà consegnata. Resta il fatto che, se la logistica non permette di avere spazi occupati per soli due terzi, l’alternativa è trasferire la formazione a distanza. Anche quella destinata agli studenti vaccinati. Anche a me non piace il pass Covid nell'ambito dell'istruzione. Ma di fronte alla scelta di optare tra il Certificato e l'ipotesi di mandare gli studenti in formazione a distanza perché la logistica non permette di utilizzare l’altra opzione suggerita dal Consiglio federale (spazi occupati per due terzi e mascherine per tutti), credo sia nettamente preferibile la prima opzione».