Sabato si celebra la Giornata Mondiale. L'intervista al primario della Clinica di cure palliative e di supporto dell'EOC
In Ticino sono circa 5'000 i pazienti che ogni anno si affidano a queste cure. Claudia Gamondi: «Il fatto di pensare che solo chi è vicino alla morte ha diritto a queste cure preclude l'accesso a tantissimi pazienti».
BELLINZONA - «Le cure palliative sono tutt'oggi circondate da falsi miti, informazioni imprecise e preconcetti, come ad esempio l'idea che siano riservate solo a chi sta morendo». La verità è che dietro a questa branca della medicina - che sabato 9 ottobre celebra la propria Giornata Mondiale - c'è molto di più. Un'altra faccia della medaglia che ci viene mostrata dalla dottoressa Claudia Gamondi, Primario della Clinica di Cure Palliative e di Supporto presso l'Ente Ospedaliero Cantonale. «Penso che sia molto importante chiarire gli ambiti in cui si muovono le cure palliative. Ovvero là dove ci sono malattie croniche ed evolutive», esordisce la specialista.
Tumori ma non solo - È infatti un falso mito pensare che solo i malati con un tumore avanzato possano beneficiare di queste cure. «Solo una parte della nostra attività è legata al cancro», precisa Gamondi. «Ad esempio, ci occupiamo di pazienti con malattie polmonari, renali o cardiache evolutive e del loro entourage familiare. E, più in generale, di tutti quei pazienti con malattie che non guariscono e danno dei disturbi sui quali si può agire su numerosi fronti. Le cure palliative si occupano di sostenere il paziente in diversi aspetti, sicuramente per quel che riguarda i sintomi, ma anche per l’organizzazione e la coordinazione delle cure. È importante il paziente che sia protagonista delle sue scelte».
«Non siamo l'anticamera della morte» - Un'altra falsa credenza, che spesso può pure scoraggiare i pazienti a rivolgersi a queste cure, è quella che esse siano dedicate solamente a coloro per cui non c'è più nulla da fare. Che siano una sorta di anticamera della morte. «Una parte del nostro lavoro è legata alle cure di fine vita. Ma non ci occupiamo solo dei morenti e questo è importante che si sappia», sottolinea la dottoressa. «Il messaggio che voglio lanciare è che trattiamo malattie croniche non guaribili, ma che danno delle problematiche e delle sofferenze che possono essere affrontate insieme. Il fulcro del nostro lavoro è la persona, il rispetto delle volontà del paziente e la pianificazione del percorso terapeutico».
A fianco dei medici curanti - Chi gestisce le cure palliative specialistiche lavora sempre a fianco ai curanti d'organo, come per esempio all'oncologo se c'è un cancro o al nefrologo se si sta trattando una malattia ai reni, così come al medico di famiglia. «Non è un lavoro sequenziale», precisa Gamondi. «Non è che un paziente deve smettere di fare la chemioterapia o la dialisi per poter usufruire delle cure palliative. Sono cure simultanee».
Cinquemila ticinesi all'anno - In Ticino questa branca della medicina segue annualmente circa cinquemila pazienti. «Presso l'Ente Ospedaliero seguiamo circa 4'000 persone all'anno e i loro familiari», precisa il primario. «Poi ci sono i pazienti seguiti dalle cure palliative domiciliari e da altre strutture di degenza. Ogni anno sono circa 5'000 i ticinesi che si rivolgono a queste cure nel Cantone, ma si può fare di più».
Lavoro triplicato durante la pandemia - Una cifra che è naturalmente aumentata a causa della pandemia. «Da febbraio 2020 le cure palliative hanno dato un aiuto importante ai malati gravi. Abbiamo seguito pazienti sia in ospedale sia nelle case anziani insieme ai medici curanti», ricorda la dottoressa. «Siamo stati molto sollecitati abbiamo continuato a curare i pazienti che seguivamo di solito, magari in maniera diversa, e in più abbiamo aggiunto tutte quelle persone con il Covid-19. Insomma, come tutti i sanitari, abbiamo lavorato il triplo».
Cinquant'anni di cure palliative - Tumori, altre patologie croniche non guaribili e infine il Covid-19. Le cure palliative offrono aiuto e sostegno alla popolazione che soffre. «La cura dei casi oncologici è ancora la più diffusa, anche perché gli "altri malati" hanno tuttora un accesso minore. E questo anche nel nostro cantone, benché in Ticino si abbiano percentuali un po' più alte per quel che concerne questi pazienti». Il motivo? È dovuto principalmente - ci spiega la dottoressa - allo sviluppo delle cure palliative in generale. «Siamo una branca della medicina ancora piuttosto giovane. Le cure palliative sono nate circa cinquant'anni fa e ci è voluto tempo per fare in modo che i curanti e il pubblico iniziassero a conoscerle e a fidarsi».
Fugare i dubbi - A questo si aggiungono le barriere all'entrata e i falsi miti di cui abbiamo già parlato. «Il fatto di pensare che solo chi muore ha diritto a queste cure preclude l'accesso a tantissimi pazienti. C'è una sorta di timore nella popolazione e anche nei curanti. Con questa giornata mondiale delle cure palliative - conclude il primario - vogliamo fugare questi dubbi. Vogliamo informare correttamente la popolazione su questa tematica affinché il diritto di accesso a queste cure sia garantito».
Le cure palliative in breve
Le cure palliative rafforzano l’autodeterminazione e le risorse del malato grave alleviando e prevenendone le sofferenze e permettendogli così la migliore qualità di vita possibile durante tutto il percorso di malattia. L’attenzione si concentra su tutte le domande e i bisogni di natura fisica, psicosociale e spirituale. Per poter garantire queste cure servono professionisti specificatamente formati e in grado di lavorare in team multidisciplinari.