La presidente dei Fiduciari: «I dati sono antecedenti il 2017, l'anno dello scambio automatico di informazioni»
E ancora: «Il numero delle società di per sé non significa nulla. La vera domanda deve riguardare il loro scopo. Da nostra esperienza alla fine la maggior parte di queste società è legale».
LUGANO - Il vaso dell’offshore, con tutti i suoi veleni, è aperto. Era capitato cinque anni fa con i Panama Papers, ricapita oggi con gli 11.9 milioni di carte fiscali di Pandora. Sotto accusa, inutile girarci attorno, finisce la galassia svizzera delle fiduciarie. Mentre il Parlamento federale viene accusato di lobbysmo per aver respinto, pochi mesi fa, la proposta di assoggettare avvocati e consulenti alla Legge federale contro il riciclaggio di denaro (LRD).
Fiduciari: «Noi già assoggettati» - Fa scudo (non fiscale, ma di categoria) Cristina Maderni, presidente della Federazione Ticinese delle Associazioni di Fiduciari: «Noi siamo già assoggettati a questa legge - sottolinea la presidente -. Se facciamo attività di intermediario finanziario dobbiamo essere parte di un organo di autodisciplina». Detto altrimenti: «Nel caso in cui avessimo dei sospetti o venissimo a conoscenza di indizi di riciclaggio, siamo obbligati a fare la segnalazione al MROS (l’Ufficio di comunicazione in materia di riciclaggio di denaro)».
Il 2017, l'anno della svolta - La bocciatura della modifica di legge, che includeva avvocati e consulenti, si giustificherebbe con l’obbligo al segreto professionale su informazioni acquisite in altri ambiti dell’attività legale. «Ci sono consulenti, non fiduciari - continua Maderni - che non soggiacciono alla LRD, penso ad esempio a chi si occupa della delocalizzazione di aziende. Ma il fiduciario è già soggetto alla Legge contro il riciclaggio». Che i Pandora Papers gettino un’ombra su tutto il settore è però innegabile: «La vicenda va contestualizzata - replica Maderni - perché i dati si riferiscono al periodo dal 1996 al 2016. Quello seguente, il 2017, è stato l’anno dell’entrata in vigore dello scambio automatico di informazioni. Ne sono derivate importanti trasformazioni che conducono alla compliance fiscale, quindi l’uso di questo strumenti va visto in un'ottica differente. Costituire una società è legale e il loro numero di per sé non significa nulla. La vera domanda deve riguardare il loro scopo».
«Norme antiriclaggio anche a Panama» - Maderni ridimensiona l’opacità dell’offshore: «Panama ad esempio ha imposto le azioni nominative molto prima della Svizzera. Quindi il beneficiario economico e l’azionista sono noti e i loro dati sono scambiati tra amministrazioni fiscali. Inoltre le norme antiriciclaggio - la compliance - sono obbligatorie anche in questi Stati. Di per sé il controllo c’è, poi sicuramente c’è anche chi sfugge o non svolge un’attività corretta, e questo va combattuto».
«Ci adatteremo, come sempre» - Il buchi nel vaso di Pandora, secondo Maderni, sono quindi la massa dei dati precedenti alle grosse trasformazioni legali e anche la mediatizzazione dei nomi eclatanti: «Da nostra esperienza alla fine la maggior parte di queste società sono legali - sostiene -. Ce ne saranno certo alcune che non lo sono, ma come fiduciari, se ne veniamo a conoscenza, siamo obbligati a segnalarle». Dopo la bufera il settore si attende da Berna un inasprimento legale? «Se ci sarà ci adatteremo, come ci siamo adattati ad ogni modifica. Credo comunque che il nostro settore sia da anni collaborativo nella lotta al riciclaggio. Oltre al nostro, ricordo che in contemporanea c’è anche il filtro bancario».
In conclusione, secondo la presidente dei fiduciari, «i Pandora Papers sono una vecchia fotografia di attività passate e che oggi sono gestite con modalità rinnovate. Quella che chiamavamo “ottimizzazione fiscale” non è oggi più possibile viste anche le normative internazionali introdotte per evitarla».