La storia di Daniele che ha fatto scena muta alla domanda: «Quanto guadagna la sua ragazza?»
L'ex beneficiario: «Non mi faccio mantenere dalla mia compagna». Ma il capo dell'Ufficio prestazioni puntualizza: «Non è arbitrario determinare il diritto al sussidio considerando anche i redditi del partner convivente. Anche se il diritto civile non impone loro di mantenersi reciprocamente»
BELLINZONA - I più liberali diranno che è il prezzo dell’indipendenza, altri obietteranno che così non si aiutano i giovani a lasciare il nido familiare. Fatto sta che a Daniele (nome di fantasia di un giovane che va per i 30) la scelta di non vivere più con la madre è costata la rinuncia al sussidio di cassa malati. Una sua decisione certo. Dovuta al fatto che non ha voluto comunicare al Servizio sussidi il reddito della sua compagna.
Nel 2020 Daniele era uno dei 106'725 beneficiari del sussidio per l’assicurazione malattia ordinaria, Laps e PC che quell’anno ha erogato aiuti per un totale di 307,74 milioni di franchi. A fronte di premi in continua ascesa o timida frenata anche i sussidi negli ultimi 5 anni sono cresciuti. Nel 2016 l’importo complessivo versato agli 107'774 beneficiari era di 264,98 milioni.
«Quanto guadagna la sua ragazza?». Questo il tenore della domanda che negli scorsi mesi Daniele si è visto rivolgere al telefono da un funzionario del Servizio sussidi. «Sembrava uno del fisco. Ma poi il mio reddito non è cambiato e io - gli ho risposto - non mi faccio mantenere dalla mia compagna» racconta il giovane. Diretta conseguenza del suo rifiuto è stato il taglio drastico dell’aiuto statale, passato da quasi 400 franchi (in pratica la totalità del premio mensile) a una ventina di franchi. «Non ho impugnato la decisione perché mi è sembrata una battaglia persa - afferma Daniele -. Visto il misero importo, pari a una pizza, ho anzi rifiutato l’aiuto».
Si è trattato di un arbitrio? A chiarire le regole del diritto al sussidio ai premi dell’assicurazione malattia è lo stesso capo dell’Ufficio delle prestazioni dello IAS: «Tale diritto - spiega Pierluigi Zuccolotto - è stabilito considerando i componenti dell’economia domestica; il concetto previsto dalla legge è quello di unità di riferimento (UR), che determina quindi la cerchia delle persone i cui redditi e le cui spese (ritenuti come tali dalla legge) vanno sommati per il calcolo di questa prestazione. Se la convivenza tra due persone è ritenuta stabile, le stesse sono considerate come componenti della medesima UR. La convivenza è considerata stabile se vi sono figli in comune, oppure se essa procura gli stessi vantaggi di un matrimonio o, ancora, se dura da almeno 6 mesi. Basta quindi il realizzarsi di una sola di queste condizioni per ammettere una stabilità nella convivenza e concludere, in pratica, all’esistenza di un concubinato».
Laddove è ammessa una convivenza stabile, va al punto della questione Zuccolotto, «è giustificato e non arbitrario determinare il diritto al sussidio dell'assicurazione malattia considerando non solo i redditi e le spese del richiedente, ma anche quelli del suo partner convivente. E ciò anche se il diritto civile non impone ai conviventi di mantenersi reciprocamente, ritenuto che il fatto di vivere insieme attesta una disponibilità a sostenersi a vicenda dal punto di vista anche economico, a prestarsi assistenza e sostegno reciproci».
Quanto agli accertamenti telefonici sull'eventuale stato di coabitazione, il capoufficio spiega che «nei casi in cui viene rilevata una possibile convivenza non segnalata da parte del richiedente il sussidio per l'assicurazione malattie, il Servizio sussidi contatta lo stesso per accertare la situazione. Il contatto telefonico facilita la consulenza sull'argomento e velocizza l'acquisizione delle informazioni necessarie all'evasione della richiesta. Lo stesso può intervenire per posta elettronica o per posta cartacea, ma in questi casi l'accertamento non è così rapido come per telefono». Rapido come una pizza, che a Daniele è risultata però indigesta.