Centinaia di milioni spesi ogni anno oltre confine per fare compere. Ma con la pandemia c'è chi ha cambiato rotta.
Oltre confine le principali catene di distribuzione registrano un calo della clientela svizzera. E ipotizzano sia colpa del certificato Covid, che molti ancora non possono esibire.
LUGANO - Salgono i contagi e in Europa si torna a parlare di lockdown. A nemmeno due settimane dal Natale, con le mani che prudono per lo shopping imminente, sarebbe un problema per il commercio se la pandemia dovesse ingranare ulteriormente. Specie se le frontiere dovessero tornare a essere difficili da valicare.
Miliardi oltre frontiera - Un bel guaio per gli appassionati del cosiddetto “turismo degli acquisti”. A titolo di esempio, prima della pandemia (quindi nel 2019), i cittadini svizzeri hanno effettuato compere nei negozi oltre frontiera per una cifra che si aggira attorno agli 8 miliardi di franchi (stime di Credit Suisse).
500 milioni solo in Ticino - Anche il gruppo Migros Ticino ha stimato, nel marzo 2021, un volume annuo degli acquisti compiuti in Italia dai ticinesi pari a 500 milioni di franchi, il 15% della spesa totale.
I furbetti della spesa - Che quello dello shopping oltre frontiera sia un "vizietto" difficile da togliersi lo dimostrano gli sconfinamenti illegali intercettati lo scorso anno nonostante il divieto da Berna di varcare il confine per fare la spesa. Il dato generale non c'è, ma stando a un rilevamento dell'Amministrazione federale delle dogane, in appena quindici giorni (fra il 30 marzo e il 16 aprile 2020), sono state ben 1'140 le contravvenzioni emesse. Di queste, solo 54 sono state annullate (i diretti interessati sono riusciti a dimostrarne l’ingiustificabilità).
Covid e fedeltà - Eppure, nonostante la riapertura alle trasferte per la spesa, qualcosa è cambiato. E se «nelle regioni di confine assistiamo a un ritorno al comportamento di acquisto pre-pandemia», ammettono da Coop, qualcuno ha cambiato abitudini. «Siamo felici per ogni cliente che possiamo continuare ad accogliere», aggiungono.
La conferma ci arriva da due tra le catene italiane più apprezzate dai ticinesi. «L'utenza svizzera sta gradualmente tornando alle solite abitudini», sottolineano da Bennet. Questo cosa vuole dire? Che non tutti sono tornati. Tanto che la catena afferma di aver intrapreso grossi investimenti per ristrutturare e rendere più accattivanti i propri centri commerciali.
«Colpa del Green Pass» - Situazione pressoché identica da Iper. Il direttore del supermercato di Varese, Moreno Giuseppe Luparelli, snocciola qualche cifra: «Abbiamo registrato una leggera ripresa in giugno, con la fine del lockdown italiano. Ma non abbiamo ancora raggiunto le cifre del 2019». Anche qui il calo della clientela svizzera si fa sentire: «Ad agosto era un 15% in meno, almeno dei clienti tracciati con la "carta vantaggi". Oggi si è attestato attorno al 10% in meno, e sembra essersi stabilizzato così. Soffriamo questa assenza e non sappiamo ancora il perché».
Clienti fidelizzati dai supermercati "di casa"? Luparelli non crede: «Commercialmente la vedo difficile. Chi viene a fare la spesa in Italia lo fa per risparmiare. Credo che le ragioni siano altre. Nel nostro centro commerciale ci sono anche dei ristoranti. E lì il calo è netto. Io credo che ci sia gente che, molto semplicemente, non avendo il "Green Pass" non viene più».