Al momento si tratta di meno di cinque persone, specifica l’Ufficio assicurazione invalidità.
I richiedenti finora sono stati circa una cinquantina. «Dubito che ci saranno abusi, ci sono vite che si sono trasformate radicalmente», assicura il dottor Pietro Antonini, responsabile dell’ambulatorio Long Covid della Clinica luganese Moncucco.
LUGANO - Meno casi gravi. Meno ospedalizzazioni. E le preoccupazioni legate al Coronavirus, nella mente dei ticinesi, iniziano a mollare la presa. Ma per chi soffre di Long Covid il percorso è ancora lungo, e in Ticino c’è chi, dopo aver ottenuto il via libera dal Cantone, ha ufficialmente iniziato a percepire l’invalidità.
I primi semafori verdi - «Si tratta per il momento di poche persone, meno di cinque», chiarisce l’Ufficio assicurazione invalidità. Sì, perché «la maggior parte dei casi già trattati ha potuto rientrare sul posto di lavoro», specifica la capoufficio Monica Maestri Crivelli. I ticinesi che hanno presentato richiesta a causa degli strascichi del virus sono però una cinquantina in tutto, e molti dossier sono ancora in elaborazione.
Due anni di Long Covid - Già, perché di persone che escono da un contagio con persistenti sintomi da Long Covid, ce ne sono ancora, conferma il dottor Pietro Antonini, responsabile dell’ambulatorio Long Covid della Clinica luganese Moncucco. «Alcuni dei miei pazienti attuali si portano dietro grosse problematiche dalla prima o dalla seconda ondata, altri invece si sono ammalati più di recente, con Omicron», spiega.
«C'è chi ha scarse possibilità di recupero» - A passare dall’ambulatorio, aperto a maggio 2021, sono state quasi 200 persone, alcune delle quali hanno effettivamente subito importanti conseguenze a livello professionale. «Ricevo regolarmente, da parte di pazienti che ho in cura, formulari da riempire per richiedere l’AI», conferma Antonini. Tra di loro, esemplifica, «un signore che lavorava nella manutenzione stradale, che ora, a causa dell’affaticamento cronico, non ce la fa più». In alcuni casi, «quando sul lungo periodo non si intravedono miglioramenti, le speranze di un recupero soddisfacente diventano sempre più esigue», specifica. «Il Covid rimane un virus pericoloso».
Oltre al corpo, la mente - I sintomi ostinati di chi si è ammalato con Omicron sono però un po’ diversi rispetto a quelli di chi si è contagiato con le varianti Alfa e Delta, spiega Antonini. «È molto più raro osservare disturbi gustativi o olfattivi, che creano importanti problemi a chi lavora nella ristorazione. Si riscontrano invece di frequente affaticamento costante, mancanza di fiato, disturbi cognitivi e problemi di memoria», che vanno a sconvolgere il rendimento lavorativo anche di chi esercita una professione intellettuale.
«Nessun abuso, ci sono casi molti gravi» - È pur sempre vero, però, che i sintomi da Long Covid possono migliorare sull’arco di mesi, mentre, quando si finisce in AI, ulteriori verifiche rispetto allo stato di salute e all’abilità di lavorare vengono effettuate dopo anni. Non c’è pericolo che qualcuno abusi del sistema? «Ne dubito», afferma Antonini, «i pazienti proprio non ce la fanno, e con l’AI non si diventa ricchi. In ogni caso se qualcuno si sente meglio e pensa di poter tornare a lavorare si può annunciare all’Ufficio invalidità in maniera indipendente, senza attendere un nuovo controllo fissato dalle autorità». L’importante, sottolinea infine, è non banalizzare la malattia: «Ci sono casi veramente gravi, vite che si sono trasformate radicalmente. È decisamente un problema di salute pubblica».