Reti, dissuasori e tanta fatica. Un giovane allevatore si è tirato su le maniche per evitare l'attacco del predatore.
Il 23enne è in contatto con il WWF per studiare soluzioni innovative. Francesco Maggi: «Sono anni che invochiamo l'intervento delle Autorità. Finalmente stanno aprendo gli occhi».
ONSERNONE - Tra i temi caldi dell’estate sembra proprio voler esserci quello del lupo e della gestione dei suoi attacchi ai pascoli ticinesi. Abbatterlo, oppure no? Questo è uno dei punti sui quali si sta discutendo nelle ultime settimane, dopo le numerose predazioni registrate a poca distanza l’una dall’altra.
Un esempio virtuoso - In questa delicata situazione, c’è chi ha puntato il dito contro i contadini, rei a detta di alcuni di non voler adottare dei sistemi per proteggere il proprio bestiame. Non è certo il caso di Matteo Ambrosini, giovanissimo allevatore (ha 24 anni) che in Valle Onsernone, per la precisione sull’Alpe Porcaresc sopra Vergeletto, gestisce 22 mucche da latte e 120 capre, e che ha messo mano al portafogli per tentare di proteggerle.
«Soldi e tempo, ma non basta» - «L’unica cosa che potevo fare era chiuderle di notte. Ho realizzato quindi una recinzione attorno alla stalla con il “FlexiNet”, sostanzialmente una rete elettrificata», ci racconta. Costo della sola rete? «Circa 350 franchi a rotolo, e ne ho comprati 8». Ma le spese non si sono limitate a questo. «Ho speso anche mille franchi per la batteria necessaria a fornire elettricità, e poi vanno considerati anche paletti, viti, chiodi e punte del trapano rotte. Per non parlare della fatica. Il terreno qui non è certo agevole, e tra rocce e dislivelli vari è stato un lavoraccio. Ci sono voluti due giorni pieni e quattro persone per mettere giù il tutto. E non abbiamo finito… C’è ancora molto da fare».
«Ne va del benessere di questi animali» - Parte delle spese (non tutte) dovrebbero essere ammortizzate grazie ai contributi offerti dal Cantone, ma potrebbe non essere sufficiente. «Sono lavori mossi dalla disperazione. Siamo sicuri che non saranno efficaci a fermare il lupo. Se ci va bene riusciremo ad evitare che salti nel recinto di notte, ma di giorno? Non possiamo certo tenere le bestie chiuse tutto il giorno, devono pur pascolare. Già chiuderle la notte significa contravvenire alle regole imposte per garantire il benessere animale. Ci tengo a ricordare che le capre hanno bisogno di muoversi. E lo stesso vale anche per le mucche. Non è che la loro mole le preservi dagli attacchi, possono scappare, cadere e farsi male, o smettere di nutrirsi e di produrre latte».
Sorveglianza h 24? Per Matteo è impossibile: «Basta guardare la conformazione di alcune alpi per capire che è impensabile una cosa del genere».
Per ora il 23enne è stato fortunato, ma non crede che la sorte possa essergli vicina ancora a lungo: «L’anno scorso, su questo stesso alpe, il lupo ha mangiato sette capre. In zona c’è un branco, che si è moltiplicato l’anno scorso nella valle dei Bagni di Craveggia, dietro Spruga».
«Occorrono strategie innovative» - Matteo non ha la soluzione in tasca, ma prova a ipotizzare delle strategie. «Non vogliamo abbatterlo? Che si creino delle aree interdette al lupo. Penso a dei collari GPS per monitorare i loro spostamenti. Come fare? Non dovrebbe essere compito nostro stabilirlo. La soluzione però non è chiudere le bestie. Questo è un modo per impedirci di fare il nostro mestiere e per far star male gli animali che poi mangiano meno e non producono più latte».
Il giovane allevatore teme il peggio: «Credo sia giunto il momento di frenare l’avanzata di questi predatori. E non solo in prossimità dei pascoli, ma anche dei centri abitati. Non aspettiamo che il lupo attacchi un bambino in un parco giochi per fare qualcosa. Perché prima o poi succederà».
Il WWF: «O ci si adatta o non c'è futuro» - Altrettanto ferma è la posizione di Francesco Maggi, responsabile della Sezione WWF della Svizzera italiana. «Lo sosteniamo da 30 anni: se l'allevamento in Ticino non si adatterà all'arrivo del lupo, non avrà futuro».
«Le Autorità si sono mosse tardi» - Maggi critica senza mezze misure l’immobilismo delle Autorità: «Ci si continua a illudere che l'abbattimento possa essere la soluzione. In realtà serve un cambiamento più radicale, che andava preparato da tempo. Per 20 anni, invece, la politica della Sezione dell'agricoltura è stata quella di dichiarare non proteggibili la maggior parte degli alpeggi. Adesso stanno finalmente rianalizzando la situazione, ci auguriamo con dei riscontri più realistici e delle soluzioni più concrete sulla proteggibilità dei pascoli».
L’esempio virtuoso di Matteo Ambrosini è ben noto a Maggi: «Lo si potrebbe definire quasi un pioniere in questo senso. Siamo in contatto con lui per un eventuale progetto futuro riguardante la sperimentazione di soluzioni innovative al problema del lupo». Il responsabile WWF si dice assolutamente al corrente della delicata situazione degli allevatori: «Ci sono persone che restano sull’alpe giorno e notte per custodire pecore e capre. C'è gente che per la paura del lupo non dorme più. E trovare dei pastori non è semplice, anche se l'Ufficio federale per l'ambiente ha aumentato i contributi».
Nel frattempo si vagliano soluzioni alternative: «Reti, dissuasori e tecnologie già utilizzate in America potrebbero aiutare nella protezione dei pascoli. Bisogna poi regolamentare il vago pascolo, cioè il diritto di condurre il bestiame su terreni altrui, pratica molto diffusa in Ticino e anche la più problematica. Ci sono aziende che si stanno unendo in modo da giustificare l’uso di cani e i costi di un pastore».
«Abbatterlo non risolverà il problema» - L’abbattimento, per il WWF, continua a non essere la soluzione: «Il lupo c'è, il Ticino è al centro di una colonizzazione che, favorita dalla disponibilità di selvaggina, non si arresterà». In tal senso, anticipa Maggi dovrebbe arrivare oggi la decisione di Pro Natura e WWF di ricorrere o meno contro l’abbattimento del lupo in Val Rovana. Sulla regolazione la posizione di Maggi è chiara: «I dati scientifici confermano che non serva a nulla, ma sarà utile a placare gli animi... si faccia».